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Il Bielsa-pensiero e il futuro del calcio mondiale…

(di Carmelo Pennisi)* – Marcelo Bielsa non parla mai, perchè lo ha sempre ritenuto un sovrappiù al suo mestiere, che è quello di allenatore di calcio. E non c’è mai stato modo, per quanto la stampa più volte abbia cercato di farlo derogare da questo principio, di fargli cambiare idea. Bielsa (“El Loco“, il matto, come lo chiamano nella sua Argentina) quando parla lo fa solo nelle conferenze stampa pre e dopo partita. Conferenze stampa mai banali. Il tecnico argentino, che ha appena portato l’Uruguay nella semifinale di “Copa America“, ha lanciato un urlo disperato nel colloquio con i giornalisti dopo aver eliminato il Brasile: “sono certo che il calcio sia in un processo di declino. Cioè, sempre più persone guardano il calcio, ma sta diventando sempre meno attraente perche’ non è privilegiato ciò che ha reso questo gioco il primo gioco al mondo“.

Ce l’ha giustamente con l’Europa, “El Loco“, che ha ridotto il calcio ad un business ingordo per ricchi, bulimico nell’andare a prendersi giocatori sudamericani ancora adolescenti per portarseli in campionati così senza senso, ma pieni di soldi, da poter far rilevare come i mercanti siano entrati nel tempio e lo abbiano spogliato dalla sua sacralità.

Il calcio è di proprietà del popolo, e qui le parole di Bielsa diventano quasi una preghiera, un salmo dell’Antico Testamento -, una delle poche cose che i poveri possiedono, ma ormai non ce l’hanno più, perchè a 17 anni anni uno come Endrick (talento brasiliano) se ne va”. Di nuovo ci troviamo di fronte alle espropriazioni dei “Conquistadores“, allo sventramento e svuotamento di tutto il suo argento del “Potosì“, il leggendario monte boliviano che ha reso ricche le casse dei Fugger, i banchieri olandesi che resero una terra quasi sommersa dall’acqua, l’Olanda, ricca, potente e coloniale. Anche se oggi funziona così: Paesi che hanno raso al suolo intere culture e popoli, depredandoli di ogni cosa, ora vengono a dare lezioni di democrazia e politicamente corretto a tutti. E’ il classico pianto del coccodrillo, pronto a cessare per tornare a depredare.

D’altronde lo stesso Kevin Costner (popolare attore americano) nel presentare “Horizon”, sua ultima fatica cinematografica, ha detto con la chiarezza dei giusti:”gli unici ad aver compiuto fino in fondo un genocidio siamo stati noi americani con le tribù indiane, di cui abbiamo gettato nell’oblio relazioni e cultura”. Bielsa è un argentino, e come tutti gli argentini, Papa Francesco compreso, è ammalato di “guevarismo” e di “peronismo“, quel tratto esistenziale, e quasi spirituale (non si capisce nulla di Papa Francesco se non si va a queste radici), che fa sorgere improvvise indignazioni e ribellioni. La vita può essere un tango ma può diventare anche rivoluzione, ed ecco “El Loco” portare il suo affondo: “se si continua a privilegiare il business a scapito di ciò che rende il calcio unico, gli spettatori potrebbero aumentare a breve termine, ma questa crescita sar insostenibile. La spontaneità, il talento genuino dei calciatori, la passione dei tifosi, se vengono sacrificati sull’altare del profitto, le partite rischiano di diventare un mero spettacolo privo di anima”.

Già Giovanni Paolo II e Benedetto XVI erano scesi in difesa della natura costitutiva dello sport più seguito al mondo, ma la nuova Europa è diventata sorda e cieca, contenta del processo di “normalizzazione” avvenuto nelle vicende elettorali domenica in Francia: il neocapitalismo non vuole turbamenti, nemmeno psichici, nel suo evolversi per i desiderata dei ricchi. Siamo addestrati alla quiete, ma, andando avanti di questo passo, presto avremo la guerra. “Il calcio non è solo i 5 minuti di highlights, è molto di più. E’ una espressione culturale, una forma di identificazione“. E’ l’atto di amore di una delle persone piu’ straordinarie del calcio contemporaneo. Dio ci preservi a lungo “El Loco“!

* scrittore, sceneggiatore cinematografico ed esperto di tematiche di geopolitica sportiva

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