Federazioni Italiane

Il calcio non ci sta. Tavecchio (FIGC): Così’ ci umiliate.


Alla fine è andata come tutti si aspettavano. Il calcio è stato “ridimensionato”. Settantre voti contro uno (appunto quello del calcio). Il CONI riconosce da sempre contributi pubblici che arrivano dal governo a 45 federazioni sportive nazionali. Il calcio che fino adesso, attraverso la FIGC, pesava per il 41,57 per cento (oltre 62,54 milioni di euro), da oggi in poi (trattative permettendo tra Tavecchio e Malagò) peserà per il 26,83 per cento (37.533.754 euro). Il numero uno della Federcalcio, Carlo Tavecchio, non ha esitato a commentare: “Così ci umiliate”. Il totale dei contributi che saranno redistribuiti è pari per il 2015 a 139.901.426 (un anno fa erano 150.462.683) e il 73 per cento (ben 102,367.674 euro) andrà redistribuito proprio tra le 45 realtà federali. La federazione che percentualmente riceverà di più rispetto ad un anno fa è la Tennistavolo con il 28,56 per cento. Segue la Federgolf di Franco Chimenti (presidente anche della CONI servizi) con il 27,40 per cento e la Federpallamano con il 27,30 per cento. Risorse vitali per cercare di mettere in pista progetti di rilancio, ma anche di vita quotidiana, di strutture che faticano a portare avanti anche le cose più basilari della programmazione tecnico-sportiva. Siamo d’altronde in un periodo di spending review e Malagò come aveva promesso durante il suo programma di candidatura (più di 2 anni fa) vuole valorizzare tutti gli sport olimpici, chiedendo al calcio di “sacrificarsi”. Sacrificio che aveva creato già qualche problema nei rapporti con Giancarlo Abete (precedente numero uno della FIGC) e che adesso rischia di determinare uno “strappo”con il nuovo (Tavecchio). Tra l’altro l’attuale direttore generale Michele Uva è l’ex DG della CONI Servizi. Anche questa una situazione che non aiuta, perché oggi il top manager materano si trova a confrontarsi su un tavolo opposto a quello dove prima siedeva. 

Cosa può succedere? Difficile oggi dare una risposta. Malagò non può anche volendo tornare indietro, anche perché tra 2 anni c’è la rielezione per la carica di presidente del CONI e ogni federazione vale uno, quindi aritmeticamente parlando è chiaro che deve controllare un consenso numericamente più solido. Meglio puntare su 44 federazioni medio-piccole (ad esclusione di Rugby, Ciclismo, Atletica, Nuoto e Scherma), che “aiutare” i fratelli del calcio. Questo “strappo” in termini di contributi pone però una domanda lecita? Che senso ha per il calcio oggi rimanere nell’alveo del CONI. Tavecchio ieri l’ha fatto intendere che potrebbe andarsene, appellandosi ai buoni rapporti con Blatter (in casa FIFA). Certo se dovesse succedere sarebbe una sconfitta grave e politica per tutto il mondo dello sport. Malagò deve cercare di ricucire, ma la coperta “pubblica” è corta. C’è da dire però che adesso le restanti 44 piccole sorelle devono iniziare a generare ricavi anche fuori dal rettangolo dei contributi pubblici, perché è chiaro che oggi la stragrande maggioranza di loro vive grazie e solo a questa “mano” che arriva dal governo (per non dire dalle tasche degli italiani). E così non va, neppure questo. Ad essere sinceri. La FIGC invece da tempo si affida ad advisor di portata nazionale e/o internazionale, come da quest’anno con Infront (57 milioni di euro di garantito per i prossimi 4 anni). 

In sintesi, il calcio per una volta si sente vittima, ultima ruota del carro. Dallo Stato sono arrivati praticamente gli stessi soldi dello scorso anno, 405,6

milioni, con una contrazione di appena 1’1,84 per cento. Ma al pallone manca un terzo della somma 2013.
È cambiato il criterio di distribuzione: contano meno i tesserati, di più i risultati ottenuti, in particolare le medaglie olimpiche.

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