Il caso del Museo Campano di Capua: cultura e sport devono fare sistema
(di Marcel Vulpis) – Sabato scorso, invitato dalla Associazione culturale “AdottaUnaMadre” del presidente Andrea Vinciguerra (capuano doc) e su segnalazione del coach di nuoto Andrea Di Nino (che vive a Caserta), ho deciso di visitare (con il supporto dello storico Antonio De Rosa), per la prima volta, il territorio di Capua e il suo museo campano (dipendente dall’ente provinciale di Caserta).
Ad appena due ore da Roma ho scoperto la bellezza di un’area museale ricca di storia e anche ben gestita sotto il profilo gestionale, con un’associazione (AdottaUnaMadre), che tutela, da sempre, il valore di una collezione unica a livello mondiale (per questa ragione sono onorato di aver adottato idealmente una delle madri della collezione campana e di aver ricevuto una riproduzione realizzata dall’artista Livio Marino Atellano): quella delle “Matres Matutae” (ben 150 statue tufacee, che rappresentano delle statue ex voto di antica età romana, ma tipiche del territorio di Capua). Adesso questo museo rischia la chiusura, o, peggio ancora, lo smembramento, perché dipende da una provincia e le province sono da tempo oggetto di un profondo riordino. Fatto quest’ultimo, che sta creando non pochi problemi anche al museo Campano di Capua. Una eccellenza nel suo genere, che si somma per esempio, all’area dell’Anfiteatro Campano (localizzato a Santa Maria Capua Vetere), con annesso Museo dei Gladiatori, o ancora alla reggia di Caserta. Praticamente nel raggio di appena 10 km è possibile vivere una full immersion nella storia del nostro Paese (e della terra della Campania e non sto calcolando, tra l’altro, la possibilità di mettere a sistema anche la città di Napoli (a 30 km da Caserta).
In appena un pomeriggio, ho capito e toccato con mano che abbiamo un patrimonio culturale unico al mondo e che sarebbe sufficiente metterlo in rete e a sistema per generare ricavi commerciali e occupazione, soprattutto al Sud. E non ho inserito in questo sistema la filiera enograstronomica o lo sport (penso solo al basket per Caserta o al calcio per l‘SSC Napoli). Un turista medio straniero che si trovasse in un tradizionale week-end tra Capua e Napoli potrebbe immergersi nella cultura, conoscere la nostra gastronomia e vivere anche la passione per lo sport (calcio e basket in primis), il tutto rafforzato dall’ospitalità alberghiera (a diversi livelli di offerta e di prezzo).
La domanda nasce spontanea e la rivolgo soprattutto agli amministratori pubblici di questo territorio come di altri (anche se esistono esempi virtuosi come Riva del Garda dove quello che sto spiegando è stato ampiamente realizzato): perché non si riesce a fare sistema e a mettere in rete la cultura, lo sport, la enogastronomia con offerte diverse per capacità socio-reddituali?
Si parla tanto di occupazione, di difficoltà di attivare opportunità per i più giovani e allora perché lo Stato non lo capisce fino in fondo ed interviene.
Ultima annotazione sul museo campano di Capua: il museo deve continuare a vivere, deve poter tutelare un patrimonio come quello delle Matres Matutae (sono parte della storia di Capua e questo territorio non se ne deve privare per problematiche economiche e/o a carattere burocratico). Sarebbe una grave sconfitta del nostro Paese. Lo Stato faccia lo Stato e tuteli il suo patrimonio culturale. Invito il governatore De Luca ad intervenire e a valorizzare questo patrimonio unico al mondo. Basterebbe che il museo di Capua finisse sotto l’egida regionale e il problema dei fondi che non possono più arrivare dall’ente provinciale di Caserta sarebbe ampiamente risolto.
Lo Stato deve anche decidere cosa fare del suo patrimonio: non ha più i soldi per gestirlo e allora punti su forme nuove di gestione (mista o persino private). In questo modo sarebbero preservati i livelli occupazionali e magari ce ne sarebbero di nuovi. Non si può invece continuare a tenere stretto il “laccio” della titolarità del patrimonio senza però valorizzarlo.
Una considerazione ulteriore è sul tema dei numeri: nell’ultimo anno la regione Campania con i suoi siti e musei ha intercettato 8,5 milioni di visitatori (fonte: SkyTg24/Inchiesta Musei di Paolo Chiariello – puntata del 15 gennaio scorso), praticamente quanto la platea totale (8,6 milioni di spettatori) presente nei 20 stadi di serie A nell’ultima stagione calcistica. Un dato che dovrebbe far aprire gli occhi sulle potenzialità di business e di visite (turistiche) collegate al prodotto “cultura”, molto più attrattivo (visto che parliamo di una sola regione italiana) anche rispetto al calcio.
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