Il Digital, l’altra medaglia d’oro del CONI
La gestione vincente dei social media del CONI e di #ItaliaTeam durante le Olimpiadi di Rio2016 prova una cosa: non importa quanto tempo hai a disposizione per farti conoscere, se i tuoi contenuti sono esclusivi e sei capace di fare storytelling, la gente ti amerà.
La campagna di comunicazione in vista di Rio era cominciata con un claim ambizioso: Pronti a Volare. E a ricordarcelo, sui treni delle metro e sui billboard delle vie dello shopping erano stati proprio i protagonisti di questa edizione sudamericana dei Giochi: da Tania Cagnotto a Greg Paltrinieri.
I risultati social, incredibili quanto le 28 medaglie che hanno animato di orgoglio e di festa il Paese nel caldo mese di agosto: secondo Twitter, Italia Team è stato l’account con il più alto engagement tra le squadre olimpiche. E se credete sia poca cosa, ricordate che in termini di popolazione l’Italia è un piccolo Paese rispetto a molte altre nazioni partecipanti e che l’italiano, a differenza dell’inglese, del francese o dello spagnolo, si parla per lo più solo all’interno dei nostri confini.
I risultati, dicevamo: oltre 230 milioni di visualizzazioni nei soli 21 giorni di gare, su Facebook e Twitter. Verrebbe da dire: peccato che Instagram non avesse già lanciato la piattaforma analytics anche da noi e che il traffico su Snapchat non sia ancora tracciabile. Guarderemmo a risultati ben più grandi.
Abbiamo parlato con Annalisa De Luca (in due immagini), “Digital Transformation Lead e responsabile dei social media”. Insieme a Diego Nepi Molineris (una immagine nella photogallery), Direttore Marketing e Sviluppo del CONI e “padrino” del brand Italia Team, hanno dato vita a un nuovo modo di vivere le Olimpiadi, da casa.
Ci siamo fatti raccontare quali obiettivi si fossero prefissati, quali strategie hanno messo in campo, quale il loro piano B in caso di imprevisti e quali gli obiettivi per il futuro digitale dell’Ente.
Qual era l’obiettivo principale dell’attività social legata a Italia Team e CONI?
Il nostro obiettivo da sempre è ispirare le persone ad amare lo sport e a praticarlo. Vogliamo farlo utilizzando le piattaforme e il linguaggio cui le persone, soprattutto i giovanissimi, sono abituati. Non vogliamo che siano loro a sforzarsi di capire linguaggi tradizionalmente più istituzionali da “pubblicità progresso”.
Con la nascita del brand Italia Team e degli account social, il 4 dicembre 2015, la famiglia si è allargata e ci siamo arricchiti di un canale che ci consente di parlare attraverso la viva voce degli atleti, quelli che eccellono, che vincono, che sono il modello più alto di sport e di vita. Fabio Basile che vince la duecentesima medaglia d’oro olimpica italiana è esattamente questo: umanizza il CONI, lo carica di passione travolgente e gli conferisce quella che in inglese si chiama “talkability”, ovvero la capacità di far parlar di sè. Ecco, grazie a Italia Team il CONI ha una ragione in più per far parlare le persone di sé e di sport.
Qual era il target della vostra campagna e cosa avete fatto per raggiungerlo?
Il social media targeting ci ha consentito di raggiungere con prevalenza uno specifico segmento demografico: il gruppo 18-34 anni. Per noi è fondamentale perché la cultura sportiva, legata alla salute, al benessere e all’attività fisica, si trasferisce in maniera più efficace tra la generazione di Millennial e Minecrafter. Per i nostri sponsor e aziende partner è questo il gruppo più interessante da avvicinare ai propri brand. Per raggiungerlo cerchiamo di capire e di offrirgli costantemente quello che vogliono in termini di contenuti, ma non solo. A inizio 2016 è nato l’account Snapchat: siamo stati il primo ente pubblico ad aprire a Snapchat e ne siamo contenti perché ci consente di parlare a una nicchia di pubblico con linguaggi diversi da ogni altro social. Certo, poi la rincorsa di Instagram Stories ha aggiunto pepe allo scenario, ma sebbene lì i numeri siano più alti, il pubblico è diverso ancora.
Durante le Olimpiadi, monitoravate cosa accadeva tra le conversazioni degli utenti, in termini di reazioni e feedback? Se sì, cosa avete notato, ha avuto un impatto sull’attività?
Assolutamente. Altre esperienze sui grandi eventi, come gli Internazionali BNL d’Italia di tennis, ci insegnano che monitorare costantemente quello che avviene nelle conversazioni e nei numeri alla lunga è indispensabile per tenere alta la curva di attenzione degli utenti. Così facendo, ci siamo per esempio resi conto che c’era confusione sui nomi delle location delle Olimpiadi: Parco Olimpico, Villaggio Olimpico, Casa Italia, etc. sono termini che avevano senso quasi solo per noi addetti ai lavori. Abbiamo quindi lanciato subito un’infografica semplice e intuitiva. In altre occasioni abbiamo utilizzato le domande spontanee degli utenti per creare i video post-gara con gli atleti. In altre ancora, abbiamo ridotto alcuni format perché gli analytics ci dicevano che stavano per diventare ripetitivi. Quando sei concentrato sul dare spazio a tutti, rischi di non accorgertene senza guardare i numeri…
Fin qui la fate sembrare una passeggiata, ma ci sono stati momenti in cui vi siete chiesti “e ora, che si fa”?
Tutto può accadere durante un’Olimpiade: si tratta di un evento “diffuso” su molteplici venue e Rio è una megalopoli a 5 ore di fuso orario dall’Italia. Lo sport è imprevedibile per definizione: la delusione di un momento può essere sopraffatta dalla gioia di un risultato inatteso un attimo dopo. Sui social media bisogna essere pronti a tutto ed esserlo velocemente. Poi ci sono le esigenze degli utenti e il desiderio di distinguersi dai tanti che provano a raccontare le Olimpiadi. Insomma, di momenti in cui ci siamo chiesti “e ora, che si fa?” ce n’è capitato più d’uno, compreso il collasso dei server a Roma, che ha messo offline per diverse ore il team che lavorava da remoto. Pare però che non se ne sia accorto nessuno da casa, quindi il piano B è sempre bene averlo… ma mai svelarlo!
L’attività online era legata ad altri canali? Quali?
La presenza di CONI e Italia Team durante Rio era essenzialmente legata ai canali digitali e aveva i social media come cuore pulsante. A questi si sono aggiunti una content strategy a più livelli, un sito dedicato e attività di PR content (legata anche a Casa Italia) per generare copertura da parte di quotidiani e riviste.
C’è un risultato specifico della campagna che più di tutti vi ha resi soddisfatti?
Vincere la medaglia d’oro di engagement su Twitter, per quanto simbolico, è un traguardo davvero molto importante, ancor più perché generato con solo traffico organico – in altre parole, senza adv.
Significa che, non solo il brand ha convinto, ma che lo storytelling è piaciuto, ha emozionato e ha portato le persone a interagire e condividere, a farsi portavoce a loro volta dei contenuti Italia Team.
Peraltro, ad essere del tutto onesti, abbiamo fatto una scelta a inizio anno che sapevamo ci avrebbe penalizzato dal punto dei numeri: raccontare le Olimpiadi con la doppia voce di CONI e Italia Team. Non è un caso che i nostri colleghi inglesi, statunitensi, francesi abbiano invece scelto di focalizzare tutto su un unico profilo.
Qual è la ragione di questa scelta e come avete gestito la “doppia voce”?
C’è più di una ragione: il CONI è un caso isolato nel panorama dei comitati olimpici, poiché assomma su di se anche l’importante funzione di governare, regolare e promuovere lo sport nel Paese, non solo di supportare gli atleti di elite. Questo ruolo ha bisogno di una voce tutto l’anno, ha bisogno di raccontare lo sport nelle periferie e come si spendono i soldi pubblici. Alla gente piace e noi crediamo sia giusto. Il CONI rimane la voce di tutto lo sport, dei risultati sportivi e delle medaglie e così è stato anche durante i Giochi. Italia Team è la voce degli atleti olimpici, delle loro storie, dei loro sacrifici, dei loro traguardi e del tifo più appassionato, ma durante Rio è stata anche la voce di Casa Italia, che finalmente, dopo tanti anni, ha potuto veramente aprirsi al mondo e diventare, non solo la hospitality house degli atleti a Rio, ma la casa di tutti gli italiani durante il periodo olimpico. Poi c’è il fattore numerico: Italia Team è cresciuto molto e velocemente ma alla vigilia delle Olimpiadi era poco più di un newbie…
Con le Olimpiadi invernali di PyeongChang, tra poco più di un anno, e quelle di Tokyo nel 2020, cosa c’è nel futuro digitale del CONI?
Sui social media vogliamo consolidare il nostro ruolo di ente pubblico precursore, ma non ci basta. Con grande impegno (e non senza fatica), stiamo colmando un gap che il CONI si portava dietro e che gli impediva di parlare con le nuove generazioni, ma i giovanissimi della Generazione Minecrafter non li intercetteremo solo con una buona strategia su Snapchat. Non vogliamo farci cogliere impreparati quando – a brevissimo – VR, AR e MR diventeranno mainstream e saranno il canale di interlocuzione per eccellenza. Il CONI sta cercando di mettersi al passo dell’industria dello sport, la più digitale al mondo, e lo fa su spinta precisa del presidente Govanni Malagò che ha fortemente voluto che le politiche digitali dell’ente fossero nell’ambito delle competenze del suo Capo di Gabinetto, Francesco Soro. Passo dopo passo riusciremo nella transizione digitale, che però, come ricorda sempre il Presidente, deve avere sempre al centro lo sport e il movimento.
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