Il match McGregor-Nurmagomedov si trasforma in un boomerang per UFC e sponsor. Il russo merita una squalifica esemplare
(di Marcel Vulpis) – E’ finito a metà del quarto round la super-sfida (sull’ottagono della T-Mobile Arena di Las Vegas), tra la stella irlandese Conor McGregor e l’astro nascente russo (nativo del Daghestan, repubblica della Federazione russa nell’area geografica del Caucaso) Khabib Nurmagomedov, per il titolo mondiale dei pesi leggeri (155 libbre) “MMA” (Mixed Martial Arts) della UFC, uno dei format più popolari a livello mondiale nel settore dei “combat sports“.
Ha vinto il russo per sottomissione (tecnicamente con un “crank”, ovvero con una forte pressione sulla mandibola), dopo aver condotto in vantaggio anche i precedenti tre round. La prima “difesa” della cintura dei leggeri MMA/UFC non è però la notizia della giornata. Purtroppo, subito dopo il termine della prova lo Khabib Nurmagomedov (con il quale si è complimentato al telefono anche il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin) si è scatenato in una caccia all’uomo sferrando pugni e calci nei confronti dell’entourage di McGregor reo, secondo quanto riportato in conferenza stampa (post evento), di aver offeso la sua religione (è un fervente musulmano), la sua nazione (il Daghestan/Russia) e la sua famiglia (nello specifico con offese personali al padre dell’atleta). Khabib ha scavalcato la gabbia con un balzo e, da quel momento, il suo titolo sportivo è finito nel fango. L’immagine da rissa da bar, non consona al profilo di un campione, è quella che è rimasta in tutto il mondo a chi ha seguito il super appuntamento nel Nevada.
Per l’UFC e il mondo dei combat sports è un grave danno di immagine, così come per gli sponsor di profilo internazionale che avevano pagato cifre a sei zeri per apparire in tv sul tappeto dell’ottagono di Las Vegas (la stessa Metro by T-Mobile, Harley Davidson motor company, il brand di vodka Nemiroff, il cui logo è andato proprio in onda mentre avvenivano gli scontri tra la folla, e il marchio di pneumatici Toyo Tires, oltre all’energy drink Monster).
Come ha sottolineato l’imprenditore e manager Carlo Di Blasi sulla pagina Facebook di Oktagon (top promotion italiana nel settore dei combat sports), questo fatto di cronaca rilancia l’immagine sportiva di McGregor e, al netto delle multe o sospensioni che potrebbero arrivare nei confronti del campione del mondo russo, si apre (nel prossimo futuro) una vera e propria “saga” di combattimenti tra i due atleti. Un elemento da non sottovalutare nell’immaginario collettivo di chi organizza eventi sportivi di entertainment come appunto la UFC.
Il campione russo ha ammesso di essere stato oggetto per mesi delle provocazioni del gruppo di coach e amici di McGregor e questo trash-talking l’ha portato ad essere troppo sotto pressione.
I combat sports, da troppo tempo, sono oggetto (erroneamente) di commenti negativi e/o pregiudizi, che non appartengono ai comportamenti della stragrande maggioranza degli atleti che combattono sull’ottagono. Questo, però, sta portando molte aziende a non investire sull’MMA ed è un assoluto errore di marketing.
Lo spot “negativo”, a livello comportamentale di Nurmagomedov, non aiuta a superare questi “pregiudizi” e molte aziende che potevano essere interessate ad entrare potrebbero decidere di non farlo. Qui non è soltanto l’UFC a subirne danno, ma anche le altre organizzazioni concorrenti come il Bellator, dove, ad oggi non abbiamo mai assistito ad episodi di questo tipo. Tutto il settore rischia di pagarne le conseguenze a livello marketing.
L’UFC adesso deve avere il “coraggio” (non solo di staccare le riprese tv come ha fatto correttamente durante la rissa) di non assegnare il titolo in oggetto, per dare un messaggio ben chiaro a Nurmagomedov. O il russo riuscirà nel futuro ad esprimersi da campione fuori e dentro la gabbia o è meglio non farlo combattere più, perché non ha le caratteristiche per promuovere, nel mondo, questo sport bellissimo.
Diventa una “minaccia” più che una opportunità di promozione sportiva e/o di marketing. Il fair play e il rispetto dell’avversario (scandaloso che Nurmagomedov abbia colpito da dietro un addetto del team di McGregor, una volta rientrato nella gabbia) deve essere al centro di qualsiasi disciplina sportiva, e questo deve valere anche per i combat sports. Questi episodi non onorano la tradizione delle Mixed Martial Arts, dove si finisce sempre con la stretta di mano e il rispetto dell’avversario.
Ci aspettiamo, quindi, un messaggio molto “forte” da parte dell’UFC. La multa, anche salata, non potrebbe bastare per dare un insegnamento al giovane campione russo. Merita pertanto una squalifica esemplare (per molto tempo), perché deve riflettere sugli errori compiuti nel Nevada stanotte. Oggi Nurmagomedov è il “bad boy” e questo non lo aiuterà nel suo futuro anche marketing. Anche perché questo episodio poteva avere conseguenze gravissime (sotto il profilo dell’ordine pubblico) nella notte di Las Vegas tra i fan dei due atleti.
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