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Il progetto Luna Rossa si impone come modello di eccellenza mondiale

L’ultima edizione dell’America’s Cup, conquistata da Emirates Team New Zealand, ha visto Luna Rossa Prada Pirelli sconfitta solo in finale (7-3) tra gli applausi degli addetti ai lavori e dei tanti appassionati di vela. Il modello sportivo, oltre che marketing, di questo progetto, si è imposto, sin dall’inizio, all’attenzione mondiale. Il sindacato velico italiano sta già pensando alla prossima rassegna del trofeo delle “Cento Ghinee”. Il sogno di conquistare la Coppa America, per portarla, per la prima volta nel nostro paese, proseguirà sempre sotto la guida del patron Patrizio Bertelli (amministratore delegato del marchio del lusso Prada). Nelle prossime settimane verranno ufficializzate data e sede dell’evento.

Una campagna iniziata più di tre anni fa, con una nuova classe di barche (uno scafo tecnologicamente avanzato studiato per emozionare i fan), e conclusa dopo oltre tre mesi di regate spettacolari nelle acque di Auckland. Questa competizione non è soltanto una sfida sportiva, ma la sintesi della tecnologia, della creatività e dei valori più profondi di una intera nazione. L’Italia, grazie alle performance di Luna Rossa, si conferma potenza velica alla pari del team Kiwi. Non era mai successo, infatti, che un sindacato tricolore conquistasse tre match race nella fase finale.

La “legacy” dell’operazione Luna Rossa

Di questa avventura sportiva resta indelebile il ricordo della vittoria nella “Prada Cup” (ideale prologo dell’America’s Cup), contro avversari come NYYC American Magic e Ineos Team UK, forti di budget nettamente superiori a quello del sindacato italiano. Luna Rossa, inoltre, si è confermato valido sfidante dei neozelandesi (defender ufficiali del trofeo) nelle successive 10 finali (riuscendo, per tre giornate consecutive, sempre a pareggiare le sorti).

Le immagini della 36ima edizione del trofeo più antico al mondo sono entrate nelle case degli appassionati di sport, presentando la vela come un format sempre più hi-tech, spettacolare e moderno. Quest’ultima novità apre ad un nuovo mercato, soprattutto sul terreno delle sponsorizzazioni. Fino ad oggi infatti i match race hanno attratto principalmente marchi tecnici (ad esempio abbigliamento e calzature) o del lusso (orologi, auto e moda).

L’apertura ai settori della tecnologia può aiutare ad intercettare categorie merceologiche fino ad oggi inesplorate, legate al largo consumo piuttosto che a mercati di nicchia per target alto-spendenti. Ciò determinerà l’interesse dei principali network tv, pronti a investire su eventi sportivi consolidati come immagine, ma capaci di modificarsi nel tempo scegliendo un posizionamento più moderno e di tendenza.

Il confronto con la F.1

L’America’s Cup è ormai paragonabile alla Formula Uno, soprattutto per la forte spinta tecnologica della nuova “classe” di barche da competizione. I due format sportivi, invece, sono ancora molto distanti. Da un lato, nella F.1, si assiste ad un’intensa stagione agonistica con team ormai popolari impegnati in ogni parte del mondo; dall’altro, nella Coppa America, vengono ideati eventi di preparazione di scarso interesse televisivo, prima di arrivare alle sfide finali concentrate in appena tre mesi. Anche la stessa Prada Cup, nonostante la sfida Luna Rossa-Team UK, non ha raggiunto i numeri della Coppa America. Il fascino del duello tra challenger e defender ufficiale è unico e non è paragonabile ad altri contenitori sportivi. A differenza, però, di quanto avvenuto, ad esempio con il “Moro di Venezia” (America’s Cup ’92) dell’armatore Raul Gardini (persa in finale contro gli statunitensi per 4-1), non è più una competizione per ricchi appassionati di vela, ma un evento internazionale in grado di attrarre network e sponsor, come avviene nelle grandi manifestazioni di sport-business.

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Redazione

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