(di Diego Antenozio)* – Ci ha lasciato un’icona del rugby moderno. O forse l’archetipo. Colui che più di qualsiasi altro rugbysta ha contribuito ad ampliare su scala planetaria gli orizzonti di questa disciplina rendendola popolare. Perché dopo il 1995 nel rugby tutto cambiò, anche in virtù dell’esplosione di Jonah Lomu (morto pochi giorni fa ad appena 40 anni). Il boato che si innalzava negli stadi quando la palla planava nelle sue mani, esprimeva l’attesa per qualcosa che superava l’immaginabile, la minaccia che si materializzava per diventare fatale.
Oltre alle numerose e indimenticabili mete, di Jonah Lomu ricorderemo quei pochi avversari che riuscirono con coraggio e intelligenza a limitarne la leale ferocia agonistica. Una ferocia sublimata nel gesto tecnico, nel vigore atletico, nel rispetto dell’avversario e soprattutto nel privilegio riservato a pochissimi campioni, la crasi del proprio nome e cognome: “Jonahlomu“.
E’ ancora viva in me l’emozione di quando, nel dicembre 2005, attraverso un comunicato stampa della Lega Rugby, diedi in esclusiva la notizia del suo rientro alle competizioni con la maglia del Cardiff a Calvisano nell’ Heineken Cup, dopo i tre anni trascorsi in dialisi e un trapianto di rene. La notizia naturalmente fece il giro del mondo in pochi minuti, fu una grande soddisfazione professionale.
Riposa in pace grande Jonah e Grazie per tutta la bellezza delle emozioni che hai donato. “And in the endthe love you take / is equal to the love you make”.
SudAfrica RWC1995, Semifinale ABs-Eng: dove la leggenda di Jonah Lomu, a mio avviso, ebbe inizio.

• attualmente lavora nell’area comunicazione della FIGC, precedentemente nell’ufficio stampa Lega Rugby e Rugby Roma