Ironia a go-go su Il Tempo, dopo la sfiducia PD-Cdx al sindaco Marino
(di Marcel Vulpis) – Nonostante la caduta della giunta capitolina e del sindaco Ignazio Marino, sull’onda delle dimissioni di 26 consiglieri (di cui ben 19 appartenenti al PD), la stampa romana, in attesa dell’arrivo per domani del commissario straordinario Francesco Paolo Tronca (prefetto di Milano e con incarichi legati alla sicurezza dell’Expo), ha ironizzato sulla “congiura di Palazzo” (smentita per viva voce del premier e segretario del PD, Matteo Renzi) subita dal prof. Marino (da ieri alle 18 ex sindaco) per mano appunto di 26 consiglieri (di cui sette del centro-destra) e, come ha sottolineato lo stesso politico ligure, di un unico “mandante” politico (il segretario PD Renzi).
Da qui l’idea del quotidiano Il Tempo (diretto da Gianmarco Chiocchi) di rappresentare questo psicodramma politico, tendente al melodramma, con una serie di soggetti noti alle cronache della politica romana/nazionale, con tanto di toga e calzari da Impero Romano (tra questi il presidente del PD, Matteo Orfini, il senatore Dem Stefano Esposito, già assessore ai trasporti, e lo stesso Matteo Renzi, che guarda attonito Marino esanime a terra, dopo essere stato “accoltellato” politicamente). Il titolo poi vale il prezzo del quotidiano: “La Festa dell’Unità”
Ma ad aggravare la situazione è arrivata la notizia, questa mattina, nel centro-destra dell’investitura politica di Silvio Berlusconi a favore di Alfio Marchini e il successivo take d’agenzia, inequivocabile, di Giorgia Meloni, numero uno di Fratelli d’Italia:
Nostro sostegno non va a chi ha fatto primarie del Pd “Noi di Fdi, che ricordo essere accreditato come primo partito della coalizione nella capitale, non siamo in alcun modo disponibili a sostenere a Roma la candidatura di chi come Alfio Marchini, ha partecipato alle primarie del Pd, come abbiamo spiegato a Berlusconi piu’ volte”.
Di bene in peggio, in una marmellata politica, dove Cdx e Csx si fanno la guerra, rubandosi quei pochi candidati ancora non compromessi, ma, che alla fine, quando si tratta di gestire “Roma Capitale” non guardano in faccia il livello minimo richiesto di democrazia (da tutelare in un concesso appunto democratico) e sfiduciano il sindaco tutti insieme appassionatamente davanti ad un mero notaio e non in aula, come avrebbero dovuto fare (magari al termine anche di un misero e banale approfondimento politico), se avessero realmente a cuore il voto dell’elettore medio e/o dei princìpi medi della democrazia.
Ma questo oggi è Roma e l’Italia più in generale. Ci sarebbe da vergognarsi, ma anche la vergogna è stata esaurita nelle segrete stanze dei partiti. Meglio prenderla a ridere come ha fatto giustamente Il Tempo. Chapeau!
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