Jack La Motta, il “Toro del Bronx” è sceso dal ring
(di Massimiliano Morelli)* – Aveva quasi cent’anni Jack La Motta, ormai le cronache non raccontavano più di lui, come quando saliva sul ring, ma la sua scomparsa lascia comunque senza fiato gli amanti del pugilato. Perché oltre a essere considerato uno dei più forti boxeur d’ogni epoca, è stato forse il primo a raccontare e a testimoniare contro la mafia e i rapporti che la legavano al mondo degli incontri. Fu personaggio scomodo per molti, soprattutto per “Cosa nostra”. Ammise di aver preso una “mazzetta”, denunciò e testimoniò. Ma qui c’è da raccontare il vissuto di un “italiano mancato”, di padre siculo, madre ebrea e che ispirò una pellicola capace di conquistare due premi Oscar, con la magistrale interpretazione di Robert De Niro. Vissuto nel Bronx, dove da ragazzino fu costretto a difendersi a pugni dai bulli di quartiere, divenne professionista a diciannove anni e al termine di una carriera che lo incoronò dal 1949 al 1951 campione mondiale dei pesi medi in un’epoca in cui le categorie erano unificate, fece annotare sui taccuini 106 match, 83 vittorie, 19 sconfitte e 4 pareggi. Sei matrimoni, geloso delle sue donne, non della vita privata. Piccolo e tozzo, peso medio fisicamente anomalo, aveva un modo incredibile di combattere, i suoi colpi erano potenti, rapidi e consecutivi, il suo era un pugilato che toglieva fiato e lucidità agli antagonisti. Due se ne ricordano con particolare attenzione, Ray Sugar Robinson, pugile che ndò al tappeto la prima volta in carriera proprio contro La Motta; e Tiberio Mitri, italiano che pur perdendo contro il “Toro del Bronx”, rimase in piedi tutte e quindici le riprese.
- scrittore sportivo e giornalista (romano)
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