La favola-Leicester sarebbe possibile in Italia?
(di Marcel Vulpis) – Con due turni di anticipo, il Leicester City di Claudio Ranieri ha conquistato il primo titolo di “A” della sua storia sportiva, grazie anche al pareggio (2-2) di stasera del Chelsea sui secondi in classifica del Totthenham.
Ma è veramente una “favola” quella del LCFC? In parte sì, perché è chiaro che la “rosa” dei Foxes non era sulla carta neppure avvicinabile, per qualità tecnica, a quella degli stessi Spurs, del Chelsea o dei due club di Manchester, senza dimenticare lo stesso Arsenal.
Quello che ha fatto la differenza è stato sicuramente lo spirito di gruppo, che ha saputo infondere il mister romano a tutti i giocatori, riuscendo a trasformare in top player giocatori discreti, ma non certamente da vetrina, e a rigenerare atleti a fine carriera o di secondo rango.
Per la prima volta un club quotato dai bookie a 5000 a 1 riesce a centrare questo incredibile traguardo sportivo. Ciò che viene spesso raccontato in modo non corretto è la dimensione di questa realtà geografica, prima ancora che calcistica.
Leicester city towm è l’ottavo agglomerato urbano dell’Inghilterra (300 mila abitanti – più o meno come Catania, che in Italia è al decimo posto con 310 mila residenti), a 160 km dal centro di Londra.
Quindi, non un borgo medievale con le pecore per strada, come molti giornali o network tv vogliono far credere al telespettatore italiano.
Non è un grande cento industriale, ma neppure una piccola realtà di provincia. In una città, Londra, con oltre una dozzina di club tra prima e terza divisione, è chiaro che il prototipo Leicester City assomiglia a qualcosa di molto provinciale, ma così non è.
A cosa può avvicinarsi questa impresa sportiva? Probabilmente al titolo ’69-70 del Cagliari di “Rombo di Tuono” Gigi Riva o all’Hellas Verona dell’allenatore dei “miracoli” Osvaldo Bagnoli (1984-85).
Adesso la sfida del Leicester è continuare a crescere e a consolidarsi, perché, come dimostrano anche i casi di Cagliari (oggi in B) e Hellas Verona
(quest’anno retrocesso dalla prima divisione), a scendere di categoria è un attimo e non è detto che sia così facile risalire in tempi brevi. E’ difficile vincere, ma è altrettanto difficile confermarsi e non perdersi per strada. Il caso del Parma calcio “docet”: da club con ambizioni europee a squadra iscritta alla serie “D”, post fallimento appena un anno fa.
Un dato per tutti dal 1984-85 ad oggi ben 25 titoli sono finiti saldamente nelle mani del triumvirato calcistico composto da Juventus-Milan ed Inter. Solo i restanti titoli sono stati conquistati da Napoli (2), AS Roma, SS Lazio e UC Sampdoria. Trenta titoli suddivisi in sette squadre e/o 5 città. Praticamente un oligopolio calcistico. L’unica realtà al di fuori dello schema delle sette sorelle, post titolo Hellas Verona, è quella della Sampdoria, ma parliamo della stagione 1990-91. Praticamente 25 anni fa. Gli ultimi due lustri sono stati di una noia mortale: 4 scudetti nel post Calciopoli vinti dall’Inter di Moratti, uno dal Milan e ben 5 dalla Juventus della nuova gestione Andrea Agnelli come presidente. AS Roma e SSC Napoli sono gli unici club in grado di competere con i bianconeri, ma il divario economico è spesso superiore ai 100-140 milioni di euro in termini di valore di produzione. Troppo per sperare e, comunque, in entrambi questi casi, parliamo della prima e terza città di Italia per numero di abitanti: quindi realtà geo-calcistiche molto lontane dal Leicester City, più vicino appunto ad un Catania, che è stato per molti anni in “A”, senza mai sognare in grande, prima di perdersi in una maledetta storia di calcio truccato. Altro che Leicester. Qui piuttosto bisognerebbe parlare di “inferno” calcistico studiato a tavolino.
Adesso, però, il club di Ranieri può godersi la conquista della Premier league e sognare la Champions, dove se dovesse superare il primo turno (la fase a gironi), porterebbe a casa una dote economica superiore ai 30 milioni di euro. Per un club dal fatturato vicino ai 135 milioni di euro è un discreto “tesoretto” da non disperdere nei prossimi anni.
Perché in Italia non è possibile sognare una favola-Leicester ? L’attuale ripartizione dei diritti tv (sulla base di una legge, la Melandri, obsoleta e superata) favorisce sicuramente i top club, ma anche per il futuro il blocco delle “sette sorelle” non consentirà di arrivare ad una simile rivoluzione culturale. Decreto-legge del governo Renzi permettendo. Ma le pressioni saranno tante per non arrivare a centrare questo ambizioso traguardo.
Juventus, Inter, Milan, Roma, Lazio, Fiorentina e Napoli, al di là delle belle parole (di rito), non consentiranno alle altre 13 “consorelle” di crescere in competitività e di avvicinarsi a loro. Nel nostro Paese la “torta” dei ricavi serve più a vivere (anche per i top club), più che a vincere. Quindi, perché dividerla equamente con i medio-piccoli? Nel nostro Paese di favole ce ne sono ben poche, di incubi invece tanti.
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