L’eliminazione Champions obbliga la Juve a scelte “draconiane”
Mancato l’appuntamento con la Champions, in una sola notte la Juventus ha perso (per mano del Lione di Rudy Garcia) un cachet del valore di 10,5 milioni di euro. Tanto, infatti, vale l’ingresso nei quarti, dove i bianconeri avrebbero affrontato, il prossimo 15 agosto, il Manchester City di Pep Guardiola.
Nel complesso il “tesoretto” Uefa, da qui alla finale di Lisbona, è stimato in 37,5 milioni. A questi bisogna aggiungere 4 milioni per la squadra vincitrice del trofeo, senza considerare un ulteriore budget, compreso tra i 3,5 e i 4,5 milioni, per la partecipazione/eventuale vittoria nella sfida di Supercoppa Uefa.
Il nodo del contratto. L’esonero di Maurizio Sarri obbligherà la società bianconera, in assenza di un nuovo accordo tra le parti, ad accantonare circa 11 milioni di euro (ironia della sorte corrisponde al bonus previsto per il superamento degli ottavi), perché il contratto del tecnico campano sarebbe scaduto il 30 giugno 2022.
I mancati guadagni da Champions, così come il nodo del contratto di Sarri, potrebbero portare il club ad accelerare il processo di svecchiamento della “rosa” atteso da fin troppo tempo.
Al termine della competizione continentale si stima che, nelle casse bianconere, arriveranno 70 milioni di euro, ma non quanto si attendeva la società, che ha dovuto rinunciare, sia in campionato, sia in Coppa, tra l’altro, ai ricchi ricavi da botteghino.
Scenari futuri. I neo campioni d’Italia punteranno a fare cassa (attraverso un piano cessioni definito nei prossimi giorni), ma anche a generare nuove plusvalenze, perché l’obiettivo primario è la sostenibilità economica del gruppo.
La pandemia da Covid-19 è arrivata, purtroppo, in un anno fortemente negativo se si analizzano i recenti risultati aziendali. La Juventus, infatti, nel 2018/19, ha chiuso con un fatturato (valore della produzione) superiore a 621 milioni di euro (+116 milioni rispetto all’esercizio precedente), nonostante un “rosso” da 40 milioni di euro. Già un anno prima, sempre la Juventus, aveva chiuso in territorio negativo (-19,2 milioni). Tra le voci che hanno portato a questo risultato c’è la lievitazione dei costi del “personale tesserato” (+68 milioni di euro). La fotografia dei conti bianconeri è ancora più chiara se si valuta il primo semestre dell’esercizio 2019/20: perdita pari a 50,3 milioni (in controtendenza rispetto all’utile, in area 7,5 milioni, dell’analogo periodo dell’esercizio 2018/19). Anche in questo caso il “rosso” di periodo deriva, principalmente da minori ricavi (-7,9 milioni di euro), ma soprattutto da maggiori costi per personale tesserato (+30,2 milioni) e da oneri da gestione diritti calciatori (+10 milioni).
Alla luce dei dati in esame, la dirigenza bianconera si troverà obbligata ad alleggerire i costi gestionali (il monte ingaggi ha raggiunto, in questa stagione, i 274 milioni di euro) e a potenziare l’area dei “proventi da gestione diritti calciatori”. Se si mette a confronto, ad esempio, il bilancio 2018/19 con l’esercizio precedente (2017/18), la crescita del fatturato è stata significativa in tutte le diverse aree di ricavi. Ma proprio la compravendita dei calciatori ha generato i flussi finanziari più interessanti: in totale 157,18 milioni di euro (2018/19), con +54,78 milioni rispetto al bilancio 2017/18. Senza questo risultato la perdita della società piemontese sarebbe stata nettamente superiore a quanto registrato, pur in presenza di un giro d’affari record (621,45 milioni di euro).
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