L’ultima giocata di Bobby Charlton leggenda del Manchester United
(di Massimiliano Morelli) – Scorre in maniera inesorabilmente veloce il tempo, che, quando leggi sulle agenzie di stampa la dipartita di Bobby Charlton, resti doppiamente con l’amaro in bocca. Per il lutto. E perché ti pare assurdo che fosse ultraottuagenario, visto che restano vive e ancora impresse nella memoria le immagini delle sue giocate. Qua scriviamo subito che Charlton sarebbe stonato nello star system del football odierno, niente orecchini né tatuaggi, il riportino non offuscato dalla “pelata”, ormai di moda… Chi non lo conosceva, al fischio d’inizio diceva “ma quello pure gioca a pallone?”, poi al 90° ci si rendeva conto che aveva dato lezioni di football agli altri ventuno che avevano condiviso con lui la partita. Genio senza sregolatezze alla George Best, eleganza sovrana, testa alta in campo e schiena dritta davanti alle domande d’una stampa, quella inglese, che ha sempre qualcosa da insegnare lontano da Albione. Mezzala, ma anche centravanti, anzi sarebbe meglio scrivere calciatore totale, un antesignano del ruolo. Con i dovuti distinguo del caso, chi negli anni a seguire sarebbe riuscito a ricordarlo è stato Ruud Gullit. Fu re d’Inghilterra nel 1966, quando la sua nazionale conquistò l’unica coppa Rimet della storia; e fu capitano del Manchester United che nel 1968 conquistò la Coppa dei Campioni battendo in finale il Benfica. Già… se non fosse stato un miracolato della vita, oggi non staremmo a scrivere di lui. Che era a bordo dell’aereo che nel 1958 non riuscì a decollare da Monaco di Baviera e si spezzò in due. Vide morire otto compagni di squadra, lui si salvò dallo squarcio e dopo un mese era nuovamente in campo. E così, con la sua morte, passa a miglior vita anche l’ultimo reduce di quel disastro aereo.
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