Punto e a Capo

Maccabi-Juventus: quando la politica entra in un campo di calcio…

Stadio blindato, una serie interminabile di controlli ai cancelli, presenza costante di forze militari e, perfino, uno sponsor arabo oscurato sulle maglie dei calciatori. E’ una burla?. No è la farsa della partita Maccabi Tel Aviv-Juventus giocatasi lo scorso 8 dicembre allo stadio Ramat Gan (Tel Aviv). La cosa ancor più grave è che questo match faceva parte della prima fase della Champion League (massimo evento per club europei a marchio Uefa), non di un torneo per scapoli e ammogliati.

La cosa ancora più incredibile è che chi si recherà da oggi in poi in Israele non deve far attenzione solo a dove dorme, mangia o si diverte (causa attentati terroristici ) ma anche agli sponsor della squadra per cui tifa.

A distanza di alcuni giorni dal match la redazione di questo portale non comprende le motivazioni che hanno spinto Tamoil (colosso petrolifero a prevalente capitale arabo) ad oscurare il proprio logo sulle maglie degli atleti della Juventus F.c.

Sui principali giornali italiani si è parlato di motivi di opportunità politica, visto che si giocava in una zona calda del Mondo e per alcuni si è trattato di una mossa d’immagine decisa insieme al management della Juve, che non voleva far arrabbiare gli israeliani (fonte: Corriere Canadese).

Ma stiamo scherzando?. E perchè gli israeliani si dovrebbero arrabbiare se la nostra squadra italiana più blasonata scende in campo con il marchio commerciale di un’azienda di matrice araba. E’ un’offesa essere arabi? E lo è ancor di più se si gioca di fronte ad un club israeliano?. Scusate, ma questo non è più calcio e forse la prossima volta se capiterà di giocare a Tel Aviv o con un altro football club israeliano chiederemo loro il permesso di apporre uno sponsor più vicino alle loro preferenze.

Fermo restando il rispetto per tutte le razze e religioni, ci chiediamo come mai si sia arrivati ad una pagliacciata del genere.

Non ci ha guadagnato la Juventus in termini di immagine (perchè non capiamo cosa avrebbe rischiato se fosse scesa in campo con il marchio Tamoil), non capiamo la decisione di Tamoil (perchè essere arabi non deve essere un motivo di vergogna e lo stesso vale naturalmente per gli israeliani), non capiamo neppure perchè su questo fatto non ci sia un approfondimento da parte dell’Uefa. Quali sono state le pressioni che hanno subito Juventus e Tamoil in terra israeliana?  La violenza, secondo noi, non si esercita solo con la forza o le parole, ma anche con altre forme più sottili e subdole di persuasione.

Ci permettiamo una provocazione: e se la Juventus avesse avuto rapporti con un’azienda palestinese avrebbe dovuto regalare la partita con un tre a zero a tavolino? Per favore lasciamo la politica fuori dagli stadi e dai campi di gioco. Perchè il rischio di cadere in situazioni di dubbio gusto è molto elevato e nel caso specifico nessuno dei soggetti coinvolti (Tamoil, Juventus F.c., Maccabi e Uefa) ne esce in modo vincente.

Forse chi ha goduto di una inaspettata giornata di visibilità doppia (visto che il main sponsor non poteva apparire) è stata la Nike, che essendo americana è sicuramente “politically correct” in Israele.

 

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Marcel Vulpis

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