Marketing – Merchandising: un amore mai sbocciato in Italia
Dati che, nel nostro paese, vanno decisamente in
controtendenza, rispetto a quanto avviene all’estero, dove, invece, il
merchandising rappresenta una delle voci in entrata maggiori dei club.
Un tifoso su tre, il 32,5%, segue la propria squadra del
cuore utilizzando la pay per view. Il 25,2%, un tifoso su quattro, spende fino
a 50 euro al mese per seguire il calcio in televisione, il 6% arriva a spendere
fino a 150 euro al mese e l’1,3% supera questo tetto di acquisti, fino ad
arrivare ai 300 euro.
Secondo un’indagine, realizzata dall’agenzia inglese
Repucom, la Premier league inglese si conferma in testa ai campionati europei
di calcio per ricavi derivanti dalle sponsorizzazione delle divise da gioco,
con circa 156 milioni all’anno complessivamente incassati dai 20 club della
massima serie britannica.
La Premier, grazie ad una forte proiezione internazionale,
ed al seguito di pubblico che questo negli ultimi dieci anni ha generato, ha confermato il primato, più
che raddoppiando (+150%), di fatto, i ricavi dalla stagione 2003/04 (ben 10
anni fa), che erano di 62,4 milioni di euro.
Uno studio aggiornato sulle prime 10 squadre di calcio, per
numero di maglie vendute, su base stagionale, consegna l’immagine di un grande
vuoto normativo e commerciale da colmare in tempi brevi. La classifica vede,
con circa 1,4 milioni magliette vendute, Real Madrid e Manchester United. Più
distante il Barcellona, con 1,15
milioni di pezzi annui.
Dati confermati dai ricavi commerciali di questi tre top
club: Real Madrid (Adidas: 38 milioni di euro), Barcellona (Nike: 33 milioni) e
ManUtd (Nike: 31,5 milioni).
I football fan italiani non fanno più follie per i propri
colori. Il 77%, più di tre tifosi su quattro, ammette di spendere in misura
limitata per l’acquisto di gadget (maglie, sciarpe, spille, e persino
abbonamenti tv) della propria squadra. Un effetto della crisi economica, ma
anche delle difficoltà nella tutela delle marche ufficiali nel settore delle
griffe sportive, e di un diverso approccio culturale rispetto al tema
“merchandising”.
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