Match-fixing: un affare da 15 mld di dollari per la criminalità
Truccare le gare e fare profitti sui risultati alterati degli incontri sportivi è un affare da 15 miliardi di dollari l’anno per la criminalità organizzata internazionale, che grazie al match fixing ha trovato un’alternativa a “basso rischio” rispetto ad altre attività criminali come droga, prostituzione e traffico di esseri umani.
Come riporta Agipronews, è quanto ha stimato la Fifa, come si legge in un report pubblicato dal “Think Tank” del Parlamento Europeo, organismo che periodicamente organizza dei briefing per fare il punto sulla legislazione comunitaria. Il report illustra le dimensioni del fenomeno in ogni suo aspetto – dalle strutture criminali, al giro d’affari, ai metodi utilizzati per contrastare i fenomeni di illegalità – grazie a un compendio degli studi più recenti pubblicati in materia, da CIO, Interpol e dalle associazioni degli operatori. Il documento ricorda come il 53% dei profitti sul match fixing per la criminalità provengano dai mercati asiatici (come riportato dallo studio del 2014 dell’International Centre for Sport Security), dove i mercati di gioco regolamentati sono pochi e i controlli sugli operatori sono molto più labili. In particolare si ricorda il sistema piramidale dei bookie illegali con base asiatica, con un sistema di raccolta che passa dalla strada, dalle puntate telefoniche, fino al gioco online e che permette puntate senza limiti ma anche senza alcun controllo. Uno dei punti chiave per capire il match fixing, prosegue Agipronews, è la dimensione economica per gli attori coinvolti: ad esempio, benché uno degli eventi su cui si scommetta di più al mondo sia la finale della Champions League (solo sul match la stima globale è di 1 miliardo di dollari), è difficile che i “fixer” arrivino a corrompere i giocatori in campo, oltre che per i principi morali, anche per i compensi che percepiscono e che metterebbero a rischio. Più facile – si legge nel report – mettere in campo delle azioni di alterazione puntando sugli stipendi più contenuti degli arbitri, o su match di campionati o sport minori, come dimostrato anche da alcune delle inchieste più recenti sulle truffe sportive. A volte la combine si compie grazie a un aiuto esterno, o quasi, puntando su addetti o dipendenti delle società sportive: emblematico quanto accadde nel 1997 in Premier League, si legge ancora nel report del Think Tank, quando alcuni addetti dei campi di gioco staccarono l’illuminazione per “congelare” i risultati di alcune partite. Nel frattempo l’allerta sul fenomeno è cresciuta: dalle iniziative dei singoli Paesi, a quelle del Consiglio d’Europa, passando agli strumenti di autotutela delle autorità sportive e degli operatori, la partita con i “fixers” è ancora aperta, ma gli strumenti per combatterli sono sempre più raffinati.
Collaborazione internazionale e scambio di informazioni tra tutti gli attori coinvolti, oltre a pene certe e severe per chi altera i match, fanno parte della ricetta per arginare il fenomeno che ancora oggi mina la credibilità dello sport e gonfia le tasche dei criminali
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