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Olimpiadi – Come si modificherà lo sportswear mondiale post Pechino2008

I Giochi di Pechino non sono solo il banco di prova per chi nutre ambizioni di medaglia, ma anche una vetrina mondiale (ben 204 Paesi rappresentati) per il settore dell’abbigliamento sportivo. La sfida principale è, come da tradizione, tra Nike e Adidas, con Puma nel ruolo di outsider. Le novità più importanti arrivano proprio dalla Cina, dove il colosso nazionale Li Ning e l’emergente Erke stanno sfruttando la competizione a cinque cerchi per guadagnare visibilità e notorietà su scala internazionale. Più tattiche, invece, le operazioni di Mizuno, Asics, Speedo o delle aziende italiane (Freddy, Diadora, Arena e Kappa in prima fila).

Nike-Adidas: sfida a due per il predominio mondiale

Secondo una recente indagine del quotidiano Financial Times  la Cina è, ormai, un mercato chiave per Nike. Fuori dagli Stati Uniti, infatti, è  strategica per la leadership internazionale. Si stima che, grazie alle vendite attivate nella Repubblica popolare asiatica, possa raggiungere il tetto dei 680 milioni di dollari al termine dell’anno finanziario (Adidas, sempre grazie al mercato cinese, prevede un giro d’affari di 1.08 mld di dollari entro la stagione 2010). Entrambi i marchi si sono rafforzati sotto il profilo distributivo. Nike può contare su più di 4 mila punti vendita sparsi sul territorio, sfruttando congiuntamente la leva del franchising e lo sviluppo dei monomarca. Ulteriori 600 negozi saranno coperti su base annua a partire dal 2009.

Adidas, partner tecnico dei Giochi (un’operazione da 68,02 milioni di euro) e di altre 15 squadre nazionali olimpiche risponde con una rete di mille negozi, con la previsione di raddoppiarli entro la fine dell’anno. La realtà di Herzogenaurach intende arrivare alla distribuzione in 6.300 negozi entro il prossimo biennio. Nel frattempo, nel mese di luglio, ha inaugurato una maxi area di 34 mila mq, nel cuore del distretto commerciale di Pechino.

L’impegno dei tedeschi a sostegno della macchina olimpica continuerà anche tra quattro anni a Londra (la prima partnership a cinque cerchi è datata 1928, in occasione dei Giochi di Amsterdam), dove si confermerà come fornitore e sponsor tecnico, oltre che della selezione olimpica inglese. A Pechino la casa delle tre strisce ha vestito 3 mila atleti, 100 mila volontari, fornendo più di 3 milioni di pezzi di abbigliamento tecnico-sportivo.

Nike, non potendo legarsi direttamente all’immagine dei Giochi, ha messo sotto contratto 22 delle 28 federazioni olimpiche cinesi, coinvolgendo in questa operazione globale anche la squadra di designer che lavora quotidianamente per lo sviluppo del marchio “Jordan” (testimonial storico dell’azienda statunitense).

A livello individuale Nike aveva risposto le maggiori attese sulle prestazioni in pista dell’ostacolista cinese Liu Xiang, ritiratosi, però, nelle batterie per il riacutizzarsi di un dolore al tendine d’achille. Storica, infine, la prima medaglia d’oro di Panama conquistata del lunghista Irving Saladino (gara dove ha fallito l’azzurro Andrew Howe, anch’egli testimonial Nike).

La rivale tedesca è riuscita a strappare la fornitura dei team cinesi di volley e judo e veste tutti gli atleti della Repubblica asiatica sul podio di Pechino. Ripone anche le proprie speranze di medaglie sull’americano Jeremy Wariner, campione del mondo dei 400 metri, dopo averle già conquistate con campioni del calibro di Britta Steffen (Ger) nei 50 e 100 metri stile libero (nuoto) e, soprattutto, con Yelena Isinbayeva (Rus), neo primatista nel salto con l’asta con 5.05 metri. Sempre a Pechino ha coinvolto una squadra di “ambasciatori” composta da olimpionici del recente passato, come Donovan Bailey, Maurice Green, Pyross Dimas e la ginnasta romena Nadia Comaneci. Delusione in casa Adidas, invece, per la mancata qualificazione dell’americano Tyson Gay nella finale dei 100 metri.

Puma: velocità e creatività

Il mondo della velocità, con particolare attenzione ai paesi dell’area caraibica, è il punto di forza della strategia marketing di Puma, azienda tedesca di abbigliamento sportivo, che ha avuto il suo momento di maggiore celebrità ai Giochi, dopo la vittoria nel neo primatista del mondo sui 100 metri (9.69 secondi), il giamaicano Usain Bolt.

L’atleta, con un fantastico bis nei 200 metri, ha conquistato la platea mondiale con una gara irriverente nei confronti degli avversari, arrivando perfino a ballare una volta conquistato l’alloro olimpico. Lo show di Bolt, a favore di Puma, è terminato con un’operazione ai confini dell’ambush marketing (o pubblicità parassita), quando ha indicato alle telecamere presenti sul campo di gara la personalizzazione degli scarpini color oro. Puma sponsorizza nell’atletica, tra le altre, anche le selezioni della Norvegia, Marocco e del Botswana.

Li Ning si affaccia sul mondo

E’ l’azienda cinese di abbigliamento sportivo più nota in Cina, più forte perfino di Adidas e Nike. Ma se fino a pochi anni fa, in ambito domestico, si limitava a contenere i tentativi di espansione delle due realtà, adesso ha modificato completamente strategia commerciale. Li Ning Co. ltd, infatti, ha deciso di entrare in Europa, sfidando senza mezzi termini il suddetto binomio. Veste, già da alcuni anni, le selezioni spagnole e argentine di basket, fornisce materiale alle squadre cinesi di ginnastica artistica, tuffi, ping-pong e tiro (tra le più inquadrate in tv durante i Giochi). Ha iniziato a sponsorizzare diversi atleti del continente europeo, e, in occasione di Pechino 2008, ha mostrato in mondovisione, durante la serata inaugurale, il fondatore dell’azienda (l’ex ginnasta Li Ning, pluricampione olimpico a Los Angeles ’84) al momento dell’accensione del tripode. Una consacrazione mediatica anche questa ai confini dell’ambush marketing. Veste, infine, lo staff di CCTV (oltre 1.000 addetti), il più importante network cinese, broadcaster ufficiale di Pechino.

Particolare infine il posizionamento di un’altra marca cinese, la Erke, che sta sfruttando la vetrina olimpica per iniziare a espandersi sui mercati internazionali. Con una sponsorizzazione strategica si è legata alla squadra olimpica nord-coreana. Un’operazione del valore annuo di 1.5 mln di euro. Sempre Erke fornisce le scarpe da gara ai più popolari giocatori di ping-pong della nazionale cinese.

Sponsorship “tattiche” per il resto del plotone

Non potendo competere, in termini di investimenti, con la “triade” (Adidas-Nike-Puma), le marche concorrenti hanno scelto sport specifici o singoli mercati. Speedo, per esempio, è leader nel nuoto ed è lo sponsor principale di Michael Phelps (2.4 mln di euro), otto ori a Pechino in vasca (anche se Nike è pronta a una maxi offerta da 35 mln di euro pur di poter sfruttare l’immagine del campione di Baltimora).

Mizuno è storicamente legato al Giappone, dove ha la sede centrale, Asics ha scelto invece un posizionamento più tecnologico per emergere (realizzando scarpe ecologiche e maglie da atletica traforate esclusivamente con il laser). C’è anche una discreta presenza italiana alle Olimpiadi di pechino. Kappa, brand del portafoglio BasicNet, veste le selezioni della Serbia dell’Argentina, Diadora fornisce materiale a molti maratoneti, incluso il nostro Stefano Baldini (oro ad Atene 2004), a diversi corridori nel ciclismo e tennis e alla Federatletica croata. Arena si è ritagliata un posto nel pianeta nuoto, anche se ha subito l’offensiva di Speedo con i suoi super-costumi da record. L’investimento tricolore più importante è della Freddy. L’azienda ligure ha stretto un sodalizio con il Coni (Comitato olimpico nazionale italiano) fino al 2010. Il budget totale è in area 8.5 mln di euro. Vestirà gli azzurri fino ai Giochi invernali di Vancouver.

Hanno debuttato inoltre una serie di nuove realtà, legate a piccole nazioni, come Faith per lo Zimbabwe e la Totto, fornitore delle divise del team Colombia. Alla terza presenza consecutiva, dopo Atene2004 e Torino2006, infine, è il marchio Bosco sport, che veste la squadra olimpica russa, ad esclusione di poche federazioni come l’atletica griffata Nike. Il nome dell’azienda è un omaggio alla lingua italiana, ma la proprietà è totalmente moscovita.

fonte: ItaliaOggi 

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Marcel Vulpis

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