Olimpiadi – Nike ai Giochi di Pechino
Nike ha sotto contratto 22 delle 28 federazioni cinesi presenti, significa che a quel punto non importa di chi è l’atleta: la gente si confonde. L’identità commerciale però diventa marchio nella cattiva sorte per questo i brand scappano dal ciclismo: i casi di doping li travolgono. Eppure è tutto parte della catena alimentare: le vittorie portano contratti, più si vince e più si firma e i limiti sbiadiscono. Ora che la caccia al drogato manda all’aria troppe campagne si usa la clausola rescissoria: se sei positivo perdi medaglie e dignità, non puoi rappresentare nessun paio scarpe.
Shaun Rein è il direttore della China Market Research, di mestiere fa il tracciatore di gradimento e ha scoperto che il 40 per cento di chi vive qui non ha idea di quali siano gli sponsor ufficiali e quali no. In realtà i top partner sono solo 12 e hanno pagato quasi 100 milioni di dollari a testa per un’esclusiva che secondo gli esperti i cinesi non riconoscono. Sono infedeli. Non importa se la Coca Cola si sposa con le Olimpiadi dal 1928 e se dentro un qualsiasi impianto è l’unica bevanda concessa. L’assolutismo non è garanzia che sarà quella la marca a finire nel carrello del supermercato. Il 50 per cento di un campione tra i 18 e i 45 anni, non la identifica come la bevanda da comprare. Il signor Rein spiega che «non è una perdita, se rifacessimo l’inchiesta in un altro mese il risultato cambierebbe. E’ un mercato aperto». Far East da conquistare a colpi di pubblicità: Nike sceglie Liu Xiang: la faccia delle Olimpiadi e Adidas risponde con la massa, ha griffato tutti i volontari, centomila persone a zonzo in divisa, e ha progettato una campagna sull’orgoglio nazionale. In primo piano il campione, sullo sfondo un muro di facce e mani a sostenerlo, la Cina intera.
fonte: La Stampa
Con oltre mille atleti in totale e 22 federazioni su 28 di quelle cinesi che fanno parte del CNO della Rep. popolare asiatica è la Nike a dominare in questi Giochi nella terra dell’ex Impero Celeste.
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