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Piu’ rossi che neri: Berlusconi vende il Milan ai comunisti

Durante il suo lungo periodo di presidenza (dal 1986 a ora) i rossoneri hanno conquistato ben 28 trofei, tra cui 5 Champions League. Oggi però la musica è cambiata, e anche i conti del club sono, guarda un po’, in rosso: nel 2014 il Milan ha fatto registrare perdite per 91,28 milioni di euro, il peggior esercizio di sempre nell’era Berlusconi. I debiti complessivi del club ammontano a 246,8 milioni e il valore del marchio Milan è sceso a 220 milioni (14esimo al mondo) in calo del 27% rispetto all’anno precedente. Addio tempi di Van Basten e Gullitt, di Maldini e Baresi, di Kaka e Thiago Silva, l’ex Cavaliere, alle prese con il maxi-risarcimento da 542 milioni alla Cir di De Benedetti e con il faraonico divorzio da Veronica Lario (72 milioni), ha da qualche stagione chiuso i rubinetti, costringendo l’ad Galliani a sbizzarrirsi tra prestiti gratuiti e acquisti a parametro zero. Un declino inesorabile accentuato dalle rigide regole imposte dal Fair Play Finanziario voluto da Platini. Prima che il crollo diventi davvero verticale, Berlusconi ha deciso di vendere. Ma a chi? Tra le varie cordate affacciatesi alla finestra del club di Via Aldo Rossi spiccano due soggetti: il thailandese Bee Taechaubol e il cinese Richard Lee. Con il primo, broker di Bangkok a capo del gruppo di investimento Thai Prime, Berlusconi avrebbe già firmato un pre-accordo nelle scorse settimane che prevede l’acquisizione di una quota minoritaria del club, attorno al 20%, che dovrebbe innalzarsi progressivamente fino al 60% entro dicembre. La due diligence, l’analisi dei conti del Milan, ha spinto Mr. Bee a valutare il Diavolo circa 800 milioni di euro. Il broker asiatico, però, che è atteso in giornata a Milano per concludere l’affare, vorrebbe tornarsene a Bangkok con già il 60% del Milan in tasca. Il motivo è semplice: l’altra cordata interessata all’affare, capeggiata da Mr Lee, fa una valutazione più alta del club (1 miliardo e 200 milioni) e, sebbene il suddetto pre-accordo con Bee prevede una penale quantificata intorno al 10% dell’affare complessivo, che Berlusconi dovrebbe riconoscergli in caso di mancata vendita, questo duplice interesse potrebbe spingere l’ex premier a giocare al rialzo. Dietro ai tentennamenti di Berlusconi c’è però anche la poca chiarezza intorno ai soggetti che compongono la cordata di Bee. Tra emiri e altri magnati cinesi ci sarebbe anche il discusso Doyen Sports. Si tratta di un fondo, capeggiato dal portoghese Nelio Lucas, che si occupa sostanzialmente di speculare sulla compravendita dei cartellini dei calciatori (quasi tutti sudamericani) acquistandone una percentuale dai club (Third Own Partnership). Tra i suoi clienti figurano grandi atleti come Radamel Falcao, Geoffrey Kondogbia e Eliaquim Mangala. Quest’ultimo, ad esempio, è stato acquistato dal Manchester City che ha riconosciuto al Porto 40 milioni di euro. Ma il club portoghese deteneva solo il 66% del cartellino di Mangala, la restante parte di proprietà proprio di Doyen Sports che ha così incassato 20 milioni dalla cessione facendo lievitare il costo complessivo dell’operazione a 60 milioni. Questa pratica, vietata dalla Fifa a partire dal 1 maggio, ha costretto i fondi come Doyen a studiare soluzioni alternative per continuare il proprio business, tra le quali l’acquisto in compartecipazione direttamente di un club di calcio, in questo caso il Milan. Un affare che sovvertirebbe gli equilibri su cui si fonda il calcio moderno. Proprio queste perplessità orienterebbero Berlusconi verso la pista cinese. La cordata di Mr Lee vanta partner mondiali (tra i quali figurerebbe Jack Ma, uomo più ricco di Cina) e uno stretto rapporto con il governo, comunista, cinese, interessato ad avviare una pratica di diffusione del calcio in Cina. Interlocutore affidabile, dunque, e soprattutto disposto a mantenere l’attuale management dirigenziale del Milan. Lee si occuperebbe direttamente della gestione finanziaria, Adriano Galliani della gestione tecnica e Barbara Berlusconi (la cui centralità nel futuro progetto è una conditio sine qua non per Silvio) opererebbe nel settore marketing. 

Punto fermo del nuovo progetto sarà la costruzione del nuovo stadio (lo “Stadio Silvio Berlusconi” in zona Portello, nei pressi di Casa Milan). Un piano meno rivoluzionario e più redditizio, con molte risorse finanziarie a disposizione e la possibilità di ampliare un mercato, quello cinese (dove il Milan è già molto seguito e andrà in tour in estate), ancora inesplorato. 

La rivoluzione cinese è alle porte; chissà se la nuova proprietà sarà disposta a mantenere il nero nei colori sociali.

(di Lisa Halfon, Daniele Dell’Orco e Simone Forni) – Durante la chiusura della campagna elettorale per le provinciali 2009 a Cinisello Balsamo, Silvio Berlusconi si riferì così al gruppetto di oppositori accorso per contestarlo: “Poveri comunisti, fate pena”. Al destino però, non manca il senso dell’ironia e così dopo meno di 8 anni il suo gioiello prediletto, l’Ac Milan, potrebbe finire proprio in manco ai comunisti. 

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