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Quale futuro per lo sport dopo lo choc da Coronavirus. L’intervento di Fabio Pagliara (FIDAL)

Questa mattina il quotidiano “Il Foglio” ha pubblicato una “lettera al direttore” inviata da Fabio Pagliara segretario generale FIDAL (nella foto in primo piano). Un contributo che parte dall’attuale emergenza che stiamo vivendo, ma con l’occhio rivolto al futuro (quando l’epidemia da Covid-19 sarà definitivamente contenuta e/o debellata). Di seguito il testo.

La pandemia non colpisce soltanto le sfortunate vittime del contagio, ma tutto il sistema Italia, la sua economia, i gangli vitali della nostra società, le categorie produttive, le famiglie, i lavoratori già provati da anni di crisi globale.

E lo sport fa parte di questo sistema, con i suoi milioni di tesserati in ogni disciplina, giovani e giovanissimi, agonisti e amatori, organizzatori, allenatori e dirigenti e volontari, tutti disciplinatamente a casa per provare a vincere la sfida contro il Covid-19, pur sapendo che questo costerà carissimo nell’immediato e in un prossimo futuro.

Gli sportivi, però, sanno esattamente come ogni vittoria passi dal sacrificio e dalla capacità di subire e accettare una sconfitta momentanea: rallentare il contagio senza uscire di casa è l’occasione per riflettere sul secondo tempo dell’emergenza, quando occorrerà salvare il nostro sistema, tutelare centinaia di organizzatori e società sportive, con il relativo indotto, e rimettere in moto il meccanismo, sapendo che, probabilmente, nulla sarà più come prima.

In questo momento potrebbe non esserci la lucidità per affrontare la complessità del problema, ma tutto quello che possiamo fare per contribuire alla non proliferazione dei contagi lo stiamo già facendo, rispettando le prescrizioni, chiudendoci a casa, serrando le saracinesche delle nostre imprese sportive; non serve, quindi, piangersi addosso e aspettare aiuti e aiutini, che dovranno per forza esserci e che riteniamo indispensabili per riaccendere il motore, quanto piuttosto ripensare i presupposti culturali e organizzativi dello sport italiano, renderlo meno autoreferenziale, legarlo sempre di più e con sempre maggiore forza alla programmazione dei decisori politici in sede nazionale e locale e alla sua funzione sociale e sanitaria rilevante.

Sarà l’anno zero anche dello sport, crescerà lo sport nelle città e cambieranno i centri di aggregazione, andrà chiesta a gran voce, con proposte serie e mirate, la sburocratizzazione del sistema, perché dal primo dei dirigenti sportivi all’ultimo dei praticanti ci sia la percezione che lo sportivo non sia tollerato, ma incoraggiato, proprio per il ruolo fondamentale che svolge nella società; sarà indispensabile ragionare da comunità, come solo lo sport può essere, abbandonando ogni egoismo, perché dalla cooperazione fra le varie componenti può nascere un progetto di ripartenza costruito su basi solide. Necessiteranno misure choc che creino opportunità di investimenti nel nostro settore, facilitazioni e sgravi fiscali.
Ma anche noi dovremo avere la capacità di innovarci davvero. Da sportivi veri. Sapendo cosa sono i sacrifici, necessari per avere i successi dopo.

Restiamo a casa, ma facciamo muovere il cervello. Lo sport si può salvare, come l’Italia, a patto di porsi da subito l’obiettivo di farlo, con determinazione, caparbietà, orgoglio e senso di appartenenza.
Solo così anche gli “aiuti” non sembreranno i capricci di un mondo diviso, ma le giuste rivendicazioni di chi abbia le idee chiare su cosa fare, legate a una prospettiva di sviluppo e non ammortizzatore sociale: a partire dal credito d’imposta per le aziende che investiranno sullo sport, agli sgravi contributivi per i dipendenti del settore, all’innalzamento della soglia per il “compenso sportivo” a quindicimila euro, fino all’IVA al 18% per gli organizzatori di eventi e società sportive; al contempo diventerà indispensabile una semplificazione burocratica per palestre e piscine, fra le più colpite da questo “fermo”, così come non sarà derogabile la trasformazione in legge della mozione Lupi sui certificati medici per gli stranieri, utile per facilitare le iscrizioni alle Maratone di atleti provenienti da ogni parte del mondo. E sempre nella logica di misure non meramente assistenzialiste, ma sistemiche e strutturali, lo sport dovrebbe chiedere forti agevolazioni per start up innovative, da coniugare, per esempio, alla rivoluzione culturale di un bonus sport, su modello dei bonus libri e giovani.
Lo dobbiamo a tutti noi e lo dobbiamo a chi in questi mesi, in questi giorni, lotta per la sopravvivenza in un letto d’ospedale. Possono farcela, possiamo farcela, può farcela l’Italia. (fonte: Il Foglio)

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