Quando dettare le regole è affare da sponsor. Fiona May consigliere FIGC anti-razzismo.
No, Tavecchio non può essere tacciato di razzismo per aver esternato una frase infelice, che al momento è sembrata una battuta al punto che gli astanti, i dirigenti, i semplici curiosi e i giornalisti hanno perfino riso. Perché a dirla tutta “poi” è scattata la polemica, non all’impronta. Ma serviva dare verve al testa a testa con Demetrio Albertini, che comunque non aveva i numeri per sfondare e i giornali si vendono, almeno ad ascoltare certi direttori, con le polemiche e non con le notizie vere. O almeno a sentir voce di quei caporedattori che ti fanno riscrivere il pezzo solo per il gusto del comando, e ogni volta che gli propini una notizia su cui lavorare ti indicano il loro “verbo”, quello che “sì, la tua imbeccata è buonina, ma serve lo scoop altrimenti i lettori non ci comprano”.
Forse l’unico errore Tavecchio l’ha commesso dopo la vittoria elettorale, chiamando Fiona May per presiedere la commissione antirazzismo della Federcalcio. Se è vero che il football deve restare nelle mani di chi lo mastica, che c’entra (“che ciazzecca” direbbe il desaparecido Di Pietro) la signora del lungo nel variegato e a volte incomprensibile mondo-pallone? Certo, non è il problema dei problemi, quello della nomina della signora May, ma la chiamata alle armi per l’ex atleta azzurra fa tanto pensare a qualcosa di commerciale, tipo “sponsor che spinge”, quasi a confermare le dicerie di chi, quando è stato rivelato il retroscena dell’ingaggio di Antonio Conte come commissario tecnico, ha fantasticato il trenino delle conseguenze: mega-stipendio “aggiustato” dagli sponsor uguale formazione della nazionale stilata dagli sponsor. Ci può stare, come principio delle similitudini?
Sì, è vero, nel calcio le problematiche sono altre e cominciano con gli stadi fatiscenti, con la discriminazione territoriale, con l’abbandono agli spalti da parte delle famiglie, complici il caro-biglietti e l’arcinota violenza da stadio che, nonostante tutto, c’era, c’è e ci sarà. Ma affidare una commissione antirazzismo alla signora May davvero regala la stessa similitudine della costruzione d’una cattedrale nel deserto. Poi, comunque, se devono essere chiamati in causa i soliti noti, allora è tutta un’altra storia. E passiamo la mano.
* collaboratore del quotidiano “Avvenire”
(di Massimiliano Morelli*) – Sincerità per sincerità, quante volte abbiamo commesso una gaffe in stile-Tavecchio? Quante volte abbiamo rimuginato su situazioni strane prospettate dalla quotidianità e abbiamo di conseguenza affondato il colpo su una particolare categoria di persone? Sugli omosessuali o sui negri, sulle suore o sui meridionali, sugli ebrei o sui raccomandati, sui figli di papà o sui dipendenti-Alitalia, sui politici e su chi posta sui social network la pietanza che sta per degustare, e potrei andare avanti a snocciolare centinaia di classi sociali scarnificando quel briciolo di materia grigia ancora utile per abbozzare un ragionamento.
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