Quanto influisce l’uso dei social media sulla salute mentale degli atleti?
(di Guido Paolo De Felice) – La crescente attenzione rivolta alla salute mentale durante i Giochi Olimpici di Tokyo 2020 sta spostando progressivamente l’attenzione sulle insidie e sui benefici dell’uso dei social media da parte degli atleti, per i quali piattaforme come Instagram e TikTok sono un mezzo fondamentale per poter rimanere in contatto con i tifosi, durante l’isolamento dovuto alla pandemia, lasciandoli tuttavia vulnerabili a inesplorate possibilità di abusi.
Simone Biles, considerata la più grande ginnasta di tutti i tempi anche prima dei Giochi di Tokyo, ha riportato la questione sotto i riflettori quando si è ritirata dalla finale di ginnastica femminile a squadre e dalle finali individuali all-around, volteggio e parallele asimmetriche per concentrarsi sulla sua salute mentale. La Biles, che avrebbe dovuto vincere sei ori a Tokyo, ha scritto su Instagram: “Mi sento davvero come se a volte avessi il peso del mondo sulle spalle. So che riesco quasi sempre a farmi scivolare addosso tutto ciò e far sembrare che la pressione non mi influenzi, ma dannazione a volte è difficile.”
L’arciera sudcoreana An San, che ha vinto tre medaglie d’oro ai giochi, è diventata il bersaglio di attacchi misogini online da parte di persone che hanno criticato la sua acconciatura ritenuta eccessivamente corta definendola “femminista”, in modo dispregiativo.
Il vincitore giapponese del doppio misto di tennis tavolo Jun Mizutani ha dichiarato in un post su Twitter, ora cancellato, come dopo la sua vittoria sulla Cina stesse ricevendo minacce di morte anonime online, senza nominare gli autori dei messaggi.
“Ci sono sicuramente molte persone cattive là fuori che dicono solo cose che non hanno bisogno di essere dette“, ha detto la ginnasta statunitense Sunisa Lee dopo aver vinto l’oro nella prova individuale femminile.
Il crescente interesse per il benessere mentale degli atleti e l’impatto che a tal proposito stanno avendo i social media ha spinto Kirsty Coventry, membro del Comitato Olimpico Internazionale ed ex nuotatrice dello Zimbabwe, a rivelare di aver abbandonato i social media durante l’ultimo anno.
“Negli ultimi giorni abbiamo sentito parlare di alcuni atleti che sono usciti dai social media“, ha detto ai giornalisti. “Per quanto alcuni tifosi possano essere carini e di supporto, i commenti negativi, anche se si tratta di pochi commenti, possono essere davvero dolorosi per gli atleti“.
Secondo quanto riportato da Bloomberg, molti atleti usano i social media per trarne forza, condividendo i propri pensieri, espandendo la propria sfera di influenza, promuovendo connessioni e costruendo marchi personali, ha affermato Fernando Frias, psicologo dello sport presso l’Oregon State University. Ma il senso competitivo delle Olimpiadi, unito all’accresciuto orgoglio nazionale, significa anche che è probabile che più utenti online dirigano la propria astiosità verso gli atleti.
La situazione degli atleti giapponesi è ulteriormente complicata dalla polarizzazione della società, fortemente contraria, sulla decisione di organizzare le Olimpiadi nonostante il perdurare della pandemia. Di conseguenza, sempre più persone sfogano la propria rabbia online nei confronti degli atleti, ha affermato Yuji Ishizaka, sociologa dello sport presso la Nara Women’s University. La ginnasta giapponese Mai Murakami ha ammesso di essere stata oggetto di cyberbullismo.
“So che ci sono persone contrarie allo svolgimento delle Olimpiadi e, allo stesso tempo, so che ci sono persone che ci supportano“, ha detto ai giornalisti tra le lacrime dopo la gara femminile. “E anche se non voglio vedere quei commenti negativi e per quanto io cerchi di ignorarli, le informazioni arrivano e le raccolgo prima che me ne renda conto. È stato molto doloroso e triste“.
Allo stesso tempo, i social media sono stati un modo importante per gli atleti di rimanere in contatto con la famiglia e i tifosi a causa delle restrizioni di viaggio imposte durante la pandemia e per attirare l’attenzione su sport meno popolari o nuovi.
Rayssa Leal, la skateboarder brasiliana di 13 anni, ha visto il proprio account su Instagram crescere di 4,5 milioni di follower in soli due giorni dopo aver vinto una medaglia d’argento, secondo i dati comunicati da Facebook.
La giocatrice di rugby statunitense Ilona Maher ha visto i suoi follower su TikTok triplicare di numero dopo aver iniziato i video dal Villaggio Olimpico con commenti comici su atleti attraenti e letti di cartone. “È stato anche un ottimo strumento da utilizzare per il mio personal branding e per far conoscere il mio nome. E spero anche per il mio sport e per aumentare la consapevolezza sul rugby all’esterno“, ha detto.
Abbandonare i social media potrebbe non essere nemmeno un’opzione per alcuni atleti, in particolare per quelli dei paesi più poveri, per i quali la creazione di un seguito online è stata una componente determinante per il loro successo. Ad esempio, la sollevatrice di pesi Hidilyn Diaz, che ha vinto la prima medaglia d’oro di sempre per le Filippine, ha ottenuto abbastanza soldi per andare a Tokyo dopo aver pubblicato una storia su Instagram nel 2019 chiedendo supporto finanziario.
Per aiutare a migliorare parte dell’impatto negativo dei social media, gli atleti possono rivolgersi a psicologi che viaggiano con le loro squadre per chiedere aiuto e supporto. Le società proprietarie delle piattaforme social stanno anche riconoscendo il loro ruolo nel ridurre al minimo i danni subiti dagli atleti online. Facebook, ad esempio, ha lanciato un account di supporto Instagram privato per gli atleti in vista dei giochi, secondo quanto riferito da Joyee Biswas, il suo capo delle partnership sportive per l’area Asia-Pacifico.
I social media, tuttavia, possono anche essere una piattaforma per gli atleti per parlare dei loro problemi di salute mentale e lo psicologo capo dello sport e delle prestazioni presso SportPsych Consulting, Edgar Tham, ritiene che sia importante in quanto ciò aiuta a umanizzare gli atleti: “Molti atleti sono sui social media, dove le persone sono più aperte sui loro pensieri e sentimenti, dove possono ‘inveire’. Per me, questo è un bene perché significa che possiamo capire meglio gli atleti e le sfide che devono affrontare”. Vedere atleti di alto profilo parlare dei loro problemi può anche dare ad altri il coraggio di farlo, ha aggiunto Tham.
Frias, lo psicologo dello sport, ha persino suggerito che l’alfabetizzazione riguardo i social media dovrebbe essere integrata nei programmi di studio educativi fin dalla prima infanzia e nella formazione sportiva.
“Incoraggio gli atleti a impegnarsi in modo consapevole e intenzionale con i social media, stabilendo al contempo confini chiari per quanto riguarda la comunicazione con i follower e il tempo trascorso su di essi“, ha affermato.
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