Rassegna stampa – Corsera: ipotesi riformulazione campionati per un nuovo calcio tricolore
fonte: Corsera (rassegna stampa) – 29.12.2010
La crisi del calcio è fuori controllo «Una riforma per sopravvivere»
L’emergenza Nel luglio scorso fallite 21 società, a fine stagione potrebbe andare peggio
Macalli: «Stabiliamo come andare avanti». Abete: «Stop ai ripescaggi»
MILANO – Il Bologna ha risolto la sua crisi e, per adesso, se l’è cavata con un punto di penalizzazione. L’Ascoli in serie B fa e disfa: i punti tolti, in momenti diversi, sono già 5. In Lega Pro le squadre con l’asterisco della penalità sono 11. E la ripresa nel 2011 non prevede un miglioramento della situazione, anzi: i problemi economici rendono la macchina del nostro calcio un furgone scassato, da qualsiasi parte lo si guardi. In questa prima metà di stagione il tasso di riempimento degli stadi della serie A è fermo al 52%: il confronto con Spagna (74%) ma soprattutto con Inghilterra e Germania (91%) è sempre più inquietante.
La base, come è naturale, sta ancora peggio. I giocatori del Catanzaro, seduti in campo per protesta durante la partita col Pomezia, rischiano di essere i testimonial tristi di un altro anno terribile per la Lega Pro (l’ex serie C): a luglio 20 squadre (Mantova, Rimini, Perugia, Gallipoli, Arezzo, Figline e Marcianise in Prima divisione; Pro Vercelli, Legnano, Itala San Marco, Sangiustese, Pro Vasto, Pescina, Manfredonia, Monopoli, Potenza, Scafatese, Cassino, Olbia e Alghero in Seconda), oltre all’Ancona in serie B, sono fallite. Nella prossima estate il quadro potrebbe essere peggiore, mentre i dati sugli spettatori della prima parte di campionato dicono che 22 club di Seconda Divisione hanno meno di 500 spettatori di media (e tre giocano a porte chiuse): tu chiamalo, se vuoi, professionismo.
«Entro gennaio il Consiglio federale della Figc dovrà affrontare il tema del blocco dei ripescaggi nei campionati della Lega Pro a fronte della difficile situazione economico finanziaria»: così ieri, al termine dell’ultimo Consiglio del 2010, si è espresso Giancarlo Abete. Ma fermare l’emorragia, per poi individuare una cura (con la riforma dei campionati), non sarà facile: per approvare anche la minima correzione e cominciare a ridurre le società professionistiche servono (in base alla Legge Melandri del 1999) i quattro quinti del Consiglio.
«Tanto per cominciare – spiega Leo Grosso, vicepresidente dell’Assocalciatori – invertirei l’ordine delle cose: prima proporrei un progetto di riforma e poi inizierei con il blocco dei ripescaggi. Non si può spacciare la riduzione delle squadre come una riforma: con 60 squadre anziché 90 chi lo dice che la situazione migliorerebbe? Prima devono essere chiare le direttrici da seguire: attenzione ai giovani, stadi adeguati e solidità economica».
Il tutto inserito in un sistema (che una volta era tenuto in piedi anche grazie al Totocalcio) che raccolga di più dell’1% dei diritti radiotelevisivi (in base alla Legge Melandri-Gentiloni del 2008), come ha fatto notare ancora una volta il presidente della Lega Pro, Mario Macalli. Con più risorse si potrà razionalizzare davvero la nostra via al professionismo: in Italia ci sono 127 società, in Inghilterra 92, in Germania 56, in Spagna 40 e in Francia 40. «Ci sono elementi per pensare che al momento delle prossime iscrizioni parecchie società non ce la faranno – sottolinea Macalli – e credo che sia arrivato il momento di stabilire come si fa ad andare avanti. Io non ho individuato un numero magico, le società di Lega Pro potrebbero essere 60 o 90 (ora sono diventate 85), non ho detto che siamo troppi; però, a garanzia della regolarità dei campionati, tutti devono dimostrare di avere le risorse adeguate. Quel che è certo è che non ci saranno ripescaggi».
Nella ex serie C le società che non pagano regolarmente gli stipendi sono una trentina. Da Como a Brindisi, da Busto Arsizio a Catanzaro si va avanti a suon di scioperi, messe in mora e gesti clamorosi: «In Lega Pro ci sono tante società virtuose – sottolinea Macalli -, ma proteste come quelle della Pro Patria e del Catanzaro provocano un danno di immagine all’intera categoria. Alcune società non dovevano neppure essere iscritte. Questi sono i problemi che non vogliamo avere in futuro, perché quelli che rispettano le regole sono tanti».
In attesa di capire se almeno sul blocco dei ripescaggi ci sarà accordo tra le componenti del calcio, bisognerebbe anche capire che ruolo dovrebbe avere una C riformata: «Una volta si finanziava anche con il mercato e rappresentava un serbatoio vero – ricorda Grosso -. Ora i soldi vanno più che altro in Brasile o Argentina…». Sembra un problema minore, di un calcio periferico, ma non è così. Basti pensare che 11 su 23 degli azzurri campioni del mondo nel 2006 sono passati a inizio carriera dalla C. Una riforma complessiva (e reale) servirebbe a tutto il movimento.
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