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Rassegna stampa – Paolo Berdini sul Manifesto parla del progetto dello stadio della AS Roma

L’eccesso di entu­sia­smo che ha invaso la città per l’annuncio della rea­liz­za­zione del nuovo sta­dio della Roma cal­cio ha con­ta­giato anche il sin­daco Marino. Era forse più pru­dente il ricorso alla sobrietà, per­ché ad ana­liz­zare la vicenda emer­gono gigan­te­schi motivi di per­ples­sità. Ini­ziamo dall’incipit. Era stato Gianni Dra­goni (Sole24Ore del 20 aprile 2012) a ripor­tare la noti­zia che la Roma aveva inca­ri­cato la Cush­man & Wake­field, una delle società immo­bi­liari più grandi nel mondo, di tro­vare il luogo più adatto per costruire il nuovo sta­dio. Un fatto ine­dito nel pano­rama nazio­nale. E’ soli­ta­mente la pro­prietà fon­dia­ria che crea lobby per ren­dere edi­fi­ca­bili i ter­reni di pro­prietà. Oggi il domi­nio degli isti­tuti finan­ziari è sem­pre più tota­liz­zante e ad esem­pio la Roma cal­cio ha un rile­vante debito con Uni­cre­dit. Nell’eterna valo­riz­za­zione fon­dia­ria entra dun­que in gioco un altro attore: l’intermediario immo­bi­liare e finan­zia­rio. Non va infatti dimen­ti­cato che la C.& W. è pos­se­duta da Exor, la finan­zia­ria della fami­glia Agnelli.

Dal cilin­dro dell’immobiliare esce l’area di Tor di Valle, un lembo di terra mar­gi­nale e senza infra­strut­ture di col­le­ga­mento. Viene insomma pro­po­sta l’ennesima aggiunta ad una città già troppo grande, in aperta con­trad­di­zione con il pro­gramma elet­to­rale che pre­ve­deva il recu­pero delle peri­fe­rie esi­stenti. Così, viene messa in moto la mac­china della reto­rica: afferma il sin­daco Marino che «il nuovo sta­dio non costerà un euro alla città per­ché i 700 milioni per creare le infra­strut­ture sono tutti pri­vati». E’ una bugia, per­ché almeno la metà di quella cifra è costi­tuita da oneri di urba­niz­za­zione dovuti per legge che il comune potrebbe spen­dere per costruire ser­vizi in ogni altro qua­drante urbano.

Ma veniamo alle opere infra­strut­tu­rali che lo sta­dio richiede. L’area di Tor di Valle è un pic­colo deserto urbano: non ha quar­tieri al suo intorno e non è dotata di infra­strut­ture. I 700 milioni ser­vi­ranno per costruire nuovi svin­coli sull’autostrada per Fiu­mi­cino, un nuovo ponte sul Tevere e un nuova linea di tra­sporto su ferro che oltre a ser­vire lo sta­dio, col­le­gherà la nuova fiera di Roma e l’aeroporto di Fiumicino.

La nuova fiera di Roma è un ulte­riore caso del disa­stro romano. Venne infatti rea­liz­zata negli anni scorsi in un’area iso­lata e senza qua­lità, molto simile all’area del nuovo sta­dio. Anche per que­sto ha accu­mu­lato un buco di bilan­cio gigan­te­sco e, ancora una volta, Uni­cre­dit è la prin­ci­pale cre­di­trice della Inve­sti­menti, la hol­ding che con­trolla la fiera. Nel luglio 2012 l’allora sin­daco Ale­manno influì for­te­mente per la crea­zione di una società pari­ta­ria tra l’Ente Eur del suo fede­lis­simo Ric­cardo Man­cini e la Fiera di Roma per poten­ziare il polo con­gres­suale e fie­ri­stico. Da quel momento potenti lobby hanno ini­ziato a porre la que­stione del col­le­ga­mento su ferro tra l’Eur e la fiera, un’ipotesi sem­pli­ce­mente offen­siva verso l’intera città che non ha metro­po­li­tane e tram­vie e affonda quo­ti­dia­na­mente in un traf­fico disu­mano. Il sogno di Ale­manno, Man­cini e Uni­cre­dit rischia di avve­rarsi con Igna­zio Marino e la città get­terà al vento altri 700 milioni per opere senza alcuna rica­duta sociale ed eco­no­mica. Una cifra enorme che si som­merà ai 22 miliardi di euro (a cui vanno aggiunti gli 800 milioni del debito cor­rente del 2013) persi a causa dell’urbanistica scel­le­rata romana.

Di fronte a que­sto qua­dro, il sin­daco Marino deve pre­ten­dere una pausa di rifles­sione: lo sta­dio può ancora diven­tare una buona occa­sione di riscatto per­ché le opere pub­bli­che da rea­liz­zare pos­sono por­tare riqua­li­fi­ca­zione nella deso­lata peri­fe­ria romana ed aiu­tarne l’evoluzione sociale. Ci sono tanti luo­ghi che potreb­bero ospi­tare il nuovo sta­dio della Roma (e quello futuro della Lazio), ma devono essere gli uffici pub­blici ad indi­vi­duarlo insieme ai comi­tati dei cit­ta­dini che hanno con­tri­buito all’elezione di Marino, mica Cush­man & Wake­field. Si tratta sol­tanto di pren­dere il pro­getto ela­bo­rato e loca­liz­zarlo dove por­terà bene­fici per una parte della peri­fe­ria romana. Si prende ad esem­pio a modello quanto avviene in Gran Bre­ta­gna dove gli stadi delle più famose società cal­ci­sti­che sono stati rea­liz­zati nel cuore delle città e non nel deserto.

Un interessante articolo apparso oggi in edicola all’interno del “Manifesto“, sul progetto della AS Roma, a firma di Paolo Berdini, docente universitario e ambientalista romano.

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Marcel Vulpis

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