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Ricerche – I limiti delle sponsorship di maglia del calcio italiano

In Italia In Serie A le cifre le ave­va già pubblicate L’Espresso in estate. Come prevedibile, so­no le grandi a passarsela bene, le prime tre sono Juventus (11 milioni da New Holland), Mi­lan (10 da Bwin) e Inter (8,7 da Pirelli). Poi c’è il Siena con 7,1 milioni dal Montepaschi: guardando la classifica pare quasi un controsenso, ma la ci­fra è così alta perché nell’accor­do rientra anche il cambio di denominazione del campo di gioco, che dal 2007 si chiama Stadio Franchi-Montepaschi Arena. Una cosa che frena il mercato in Italia, secondo Sport+Markt, è la presenza di doppie sponsorizzazioni di maglia: ce l’hanno ben quattro squadre (Atalanta, Cagliari, Catania e Parma), oltre al Chievo che ruota tre (Paluani, Banca Popolare di Verona e Merkur Win). Una strategia che secondo Giorgio Brambil­la, Marketing & Sales Mana­ger dell’agenzia tedesca Sport+Markt AG, «al contrario di quanto si pensi, riduce le possibilità di un ulteriore svi­luppo delle sponsorizzazio­ni ». Restano con la casacca in­tatta la Lazio (che non disde­gna accordi occasionali, come la clinica Paideia per le gare contro Catania e Milan) e il Ba­ri (che per il momento ha Ra­dionorba, secondo sponsor).
Nei giorni scorsi la società tedesca Sport+Markt AG ha presentato l’annuale report sulle sponsorizzazioni di maglia del calcio europeo. L’Italia è stato oggetto di un focus sui limiti di alcune forme di apposizione dei marchi sulle divise di gara.

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Marcel Vulpis

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