Rizzoli: Due i fattori che distinguono un traguardo sportivo di successo, dagli altri. La costanza e la passione di chi li porta avanti
Il prossimo 9 marzo 2018 alle ore 9.00 si terrà in Assolombarda, il III appuntamento del ciclo di seminari “Leadership a Confronto” organizzato da Massimo Bandinelli, Business & Executive Coach con oltre 850 professionisti formati per circa 11 mila ore di lavoro. Un punto di vista diverso e originale sulla leadership con le testimonianze dei protagonisti dell’economia italiana.
Dopo Stefano Bertocini A.D. di SGS Italia, Sara Cesare, D.G. di Plasson, Mara Valsecchi, Direttore Commerciale e Marketing di Pellini Caffè S.p.a. e Chiara Occulti, V.P. di Luxottica, in quest’occasione, moderati da Marcel Vulpis, Direttore dell’agenzia giornalistica “Sporteconomy”, docente universitario (presso la facoltà di economia a Tor Vergata/Roma) e consulente tecnico del quotidiano Il Corriere dello Sport per tematiche economiche, si confronteranno
- Irene Rizzoli* – Amministratore Delegato Delicius Spa e già campionessa italiana di Acrobazia Aerea
- Samadhi Abouarrouchè – Sourcing M&PD Manager – SIDEL SpA, già Rugbista in Serie A e Coach Scaligera Valeggio Rugby
La nostra agenzia ha intervistato Irene Rizzoli*, una dei due testimonial di questa giornata milanese dedicata al tema della leadership.
D: Quanto è stato importante, nella tua vita (non solo professionale) il contatto con il mondo dello sport?
R: Ho avuto tre grandi passioni nella vita: la danza classica, l’acrobazia aerea e l’equitazione. Queste meravigliose discipline – che conservano a mio avviso sempre un tratto comune – hanno attraversato fasi diverse della mia vita: la danza classica l’infanzia e l’adolescenza, il volo la giovinezza più spensierata, l’equitazione l’età adulta. Parlare di “sport” lo trovo quasi riduttivo, una passione è qualcosa di più totalizzante: non c’è solo la performance è una questione emotiva, qualcosa che ti brucia dentro, che non ti lascia in pace, che è capace di modificare anche il tuo stile di vita.
Per chi non è uno sportivo di professione, trovare il tempo di allenarsi ad un certo livello, non è facile. Capita che il “tempo libero” non ci sia più, intendendo per tempo libero quello che si usa solitamente per uscire con le amiche, per andare a fare shopping, o banalmente stare sul divano a leggere. In molti chiamano questa attitudine “sacrificio”, io in realtà non ho mai pensato di “sacrificarmi”, semplicemente mi piaceva (molto) fare quello che facevo… anche quando si trattava di stare weekend interi in un piccolo aeroporto di campagna, a massacrarmi di accelerazioni, quando invece le mie amiche si preparavano per uscire pomeriggi interi e facevano tardi il sabato sera.
D: Quali sono i maggiori punti di contatto tra mondo dello sport e quello dell’impresa?
R: Fare impresa, così come lo sport deve partire da un sogno. Il sogno ti consente di mettere a fuoco dove vuoi arrivare. L’imprenditore illuminato è poi quello che sa trascinare gli altri nel suo sogno e tirar fuori da ognuno il miglior talento. L’impresa deve saper creare senso di appartenenza: i collaboratori devono essere i primi a credere nell’impresa, o in un prodotto, perché sono coloro che determineranno il successo o l’insuccesso di un progetto.
Io ho sempre fatto sport individuali, e in questo senso penso di dover ancora “crescere”, penso di dovermi ancora allenare. Certamente nello sport come nell’impresa non si finisce mai di addestrarsi, formarsi, aggiornarsi… insomma non ci si sente mai arrivati.
D: Spesso si parla di sport come piattaforma di assoluta “meritocrazia” (anche se esistono e sono presenti esempi di doping in diversi ambiti sportivo). Lo stesso non avviene sempre nell’imprenditoria, dove talvolta l’Etica non guida tutti i processi aziendali. Pensi che, nel futuro, una corretta formazione/esperienza sportiva possa essere propedeutica per chi oggi ha ambizioni nel settore imprenditoriale?
R: Lo sport è una grande scuola di vita. Guardo con ammirazione e profonda gratitudine gli istruttori e gli allenatori dei miei figli e penso quale grande responsabilità abbiano nei confronti delle nuove generazioni. Insegnare il rispetto degli altri (compagni di squadra e avversari), il rispetto di un impegno, la tenacia nell’inseguire un risultato che non è detto che arrivi, imparare a rialzarsi dopo una sconfitta, saper trovare il lato positivo degli errori… tutte cose che si ritrovano anche nel mondo dell’impresa e che se si è imparato a “governare” certamente saranno utili nella vita professionale. Per la tipologia di sport che praticavo (e pratico attualmente) il doping era pressoché inutile, ma mi scontro tutti i giorni nella mia vita imprenditoriale con chi pensa di poter accorciare la strada con comportamenti “discutibili”: dubito onestamente che si possa andare molto lontano, sono ingenuamente convinta che per arrivare in alto non ci siano scorciatoie, ma solo il lavoro.
D: Cosa è per te la Leadership? Ci dai una definizione di questo concetto così importante e strategico nel mondo dello sport come a livello imprenditoriale?
R: Hanno scritto centinaia di libri intorno al concetto di leadership e dubito di essere io così originale da proporre una definizione migliore di quanto non abbiano già fatto altri, Goleman in primis. Posso solo dire che ammiro profondamente quegli imprenditori che sanno coinvolgere nella loro visione d’impresa i propri collaboratori. Ognuno poi è diverso da un altro e non è detto che uno stile sia meglio di un altro: c’è chi si ritrova di più nel leader coach, chi nel leader democratico, chi nel leader autoritario…penso dipenda dall’indole di ciascuno. Un leader può e deve cercare di migliorarsi e smussare i propri angoli, ma non potrà mai essere diverso da ciò che si sente. Apprezzo molto l’autenticità, anche se a volte è più difficile da gestire.
D: Nel nostro Paese servirebbero sempre più Capitani o Capitane d’impresa, capaci di rilanciare l’economia nei diversi settori di riferimento. E’ un problema di idee, di assenza di coraggio o di leadership, o cos’altro?
R: Ho avuto la fortuna di conoscere nel tempo diversi imprenditori italiani, che hanno avuto grandi idee, grande coraggio e grande leadership e la cosa che li accomuna tutti è che non li ho mai sentiti lamentarsi. Smettiamo di piangerci addosso, perché il nostro modo di fare impresa e di elaborare idee e progetti non ha eguali nel mondo.
D: Le scelte che prendi nella tua azienda vengono accettate da chi lavora con te perché sai esercitare la leadership con attenzione o per quali altre ragioni?
R: Ho imparato nel tempo che i progetti, per avere successo, devono essere condivisi. L’imprenditore può avere in testa la più bella idea del mondo ma se i propri collaboratori non la fanno propria, quest’idea fallirà. La mia idea di leadership parte quindi dalla condivisione di un progetto, che significa anche saper ascoltare gli altri e saper riflettere sulle critiche che vengono mosse.
D: Quali sono i maggiori consigli che puoi fornire ad un giovane che intende eccellere in entrambi gli ambiti (sport e impresa)?
R: Cerca di capire se il tuo “sogno” è qualcosa che coccola il tuo ego o se è davvero un’ossessione insopportabile. Riesce a vedere la luce solo ciò che non ti farà dormire la notte e che è capace di assorbire ogni tuo pensiero ed energia. Quando questo fuoco che ti brucia dentro ha una forma e sei in grado di definire un obiettivo, devi procedere rapidamente a costruire una cultura relazionale che produca quelle esperienze, quelle convinzioni e quelle azioni che servono per raggiungere quei risultati.
D: Qual sarà l’idea o il concetto più importante che vuoi che “rimanga” nel cuore o nella testa di chi ti ascolterà il prossimo 9 marzo?
R: Non accontentatevi mai. Ci saranno insuccessi, dovrete imparare a rialzarvi; ci saranno frustrazioni, dovrete imparare a non soccombere; vi sembrerà di essere quasi arrivati, non basterà, dovete volere di più. Sono due i fattori che distinguono un prodotto o un traguardo sportivo di successo, dagli altri: e sono la costanza e la passione di chi li porta avanti, e quando le si imbriglia e le si usa per trasformare idee in prodotti o servizi, ė il momento in cui nascono la maggior parte delle novità in grado di cambiare il (nostro piccolo) mondo.
* alcune informazioni su Irene Rizzoli: Nata a Parma nel 1973. Studi: Liceo Classico ed Economia e Commercio.
Ha due grandi passioni: la mia famiglia e la mia azienda.
Sposata con Umberto Pelizzari – tre figli (maschi) meravigliosi: Tommaso, Niccolo’ e Giulio.
A farla crescere come persona tre bellissime discipline, che hanno segnato (in fasi diverse) profondamente la sua vita: la danza classica, l’acrobazia aerea e oggi l’equitazione. Le piace chiamarle “discipline” e non sport perché è così che le ha vissute, come momento di crescita.
Ha iniziato a lavorare giovanissima, a 23 anni appena laureata. Oggi è AD dell’azienda di famiglia la “Delicius Rizzoli SpA (con sede a San Polo di Torrile), e nel tempo libero si è divertita a scrivere un libro: “Alice o Acciuga?” edito da Mondadori Electa.
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