Roberto Ghiretti (SG Plus): La ripartenza dello sport? E’ il futuro che pilota il presente
(di Alberto Morici) – Abbiamo chiesto a Roberto Ghiretti (nella foto in primo piano), fondatore di SG+, società leader di mercato nello sport advisoring, una “fotografia” del mondo dello sport italiano, toccato duramente dall’emergenza sanitaria da Covid-19. Ne è uscita una intervista a 360 gradi, in cui si è parlato di “ripartenza”, di nuove tendenze, ma anche di criticità che rischiano di emergere e diventare visibili proprio in un anno difficile per le economie mondiali. Si è parlato, infine, di nuovi modelli di sport e di associazionismo, in modo da interpretare le diverse esigenze di chi pratica lo sport (a tutti i livelli).
1 – Ghiretti, come lo sport italiano può ripartire concretamente, in questa fase di pandemia?
La ripartenza dello sport? E’ il futuro che pilota il presente. La “ripartenza” è usare questo tempo per rinnovare, diversificare e/o per pensare modelli diversi di sport, perchè questo tempo “infetto” in realtà ha messo in luce, una grandissima volontà di pratica sportiva da parte degli italiani, quindi c’è una prateria da percorrere e su cui lavorare. Dall’altra emerge chiaramente un tema principale, ovvero il modello di organizzazione da utilizzare per le realtà sportive (vale per gli sport di vertice e ancora di più per quelli di base). Dobbiamo, quindi, sempre più investire in progettualità nei prossimi anni.
Proprio in questa fase sono emersi prepotentemente 3 temi: primo lo sport fa parte del sistema valoriate delle persone; secondo lo sport è la più importante rete connettiva sociale del nostro paese. Terzo: si può tornare a lavorare avendo cura di rispettare alcuni principi basilari del marketing. Il primo è soddisfare e creare nuovi bisogni, il secondo è la progettualità (benchmark ed idee), terzo la diversificazione di progetti e prodotti.
Oggi lo sport interessa e coinvolge una platea eterogenea compresa tra i 3 e gli 83 anni. Ci sono diverse categorie sociali, che vanno dalla scuola dell’infanzia fino alla tarda età, interessate allo sport, non solo come strumento di visibilità e passione, ma anche come parte del proprio sistema valoriale (il tutto inserito in un concetto di benessere più ampio a tutto tondo). Quando parlo di diversificazione dei prodotti mi riferisco anche a patti educativi e sociali tra l’associazionismo sportivo e le famiglie, così come nei confronti della Pubblica Amministrazione o delle aziende. Perchè, ripeto, lo sport è la più importante rete sociale nazionale. Se sviluppiamo un sistema di progettualità dell’associazionismo possiamo progettare un futuro migliore dell’attuale presente (Covid o non Covid, nda). In caso contrario non c’è futuro. anzi l’orizzonte di riferimento sarà negativo.
2 – Proprio in tempi di crisi è essenziale investire in progettualità. Da questo punto di vista la sua struttura di advisoring ha sempre anticipato trends e lanciato progetti innovativi.
Parto sempre, nel mio lavoro consulenziale, dalle “best practice” e dal concetto di servizio. L’evento è uno dei prodotti che possiamo costruire sui territori. Dobbiamo anche ripartire dalla legge n.1 del marketing: dare risposte ai bisogni così come creare nuovi bisogni. La vera innovazione è mettere a sistema la differenziazione dei prodotti e la capacità di servizio (vale per gli sport di vertice ma anche per quelli di base). E’ ovviamente un concetto “scalabile” ed è diverso dagli ambiti territoriali di riferimento.
3- Siamo nella “stagione” delle assemblee elettive, tra Federazioni e Leghe. Che consigli vuole o può dare alle “governance” che si stanno formando in questi giorni?
Serve mettere sicuramente le persone e i giovani al centro (come capacità di intercettare bisogni e fornire servizi in linea con la loro crescita), così come le società sportive. Due veri e propri centri di equilibrio dell’intero sistema tricolore. Bisogna creare un sistema permanente di sviluppo delle competenze. In questo modo ogni associazione, società sportiva, sarà in grado di costruire nel tempo. I comitati territoriali e le federazioni devono diventare capaci di gestire i campionati e le attività agonistiche. Devono anche essere punto di incontro e di sintesi di quelle società che fanno riferimento ad una determinata realtà/comunità sportiva. Chi sarà in grado di abbracciare queste idee sarà in grado di dare una svolta vera allo sport italiano. E’ il compito che mi aspetto dal nuovo Coni (nel prossimo mandato quadriennale) e dalle nuove governance del sistema sportivo nazionale.
4 – Sport e Territorio. Bisogna creare un patto, un sodalizio ancora più forte. Proprio i temi del sociale e dell’identità territoriale sono da tempo i punti di forza di SG Plus.
Credo che lo sport sia, ripeto, la più grande rete connettiva sociale. E’ altrettanto vero che è necessario lavorare con e per il territorio (al di là della dimensione geografica). Mai come oggi diventa fondamentale la rete relazionale. Puntando a lavorare sulla costruzione di sistemi di comunicazione, progetti e attività, capaci di renderti protagonista nel proprio ambito di riferimento (al di là dei risultati raggiunti). Se si cresce infatti si vince comunque.
5 – Ci sono degli sport diversi dal calcio che ti attraggono particolarmente?
Nel nostro paese la “dipendenza” dal calcio esiste, ed è inutile nascondersi dietro il dito, ma è anche vero che stanno gradualmente cambiando i modelli sportivi di riferimento. Per i Giochi di Tokyo2021 assisteremo alle soluzioni degli skaters, per Parigi2024 ci si aprirà anche alla break dance, per LosAngeles2028 si parla infine dell’introduzione del fenomeno “parkour” (sport estremo nato in Francia a partire dalla metà degli anni ‘80). Sta cambiando quindi il “modello di sport” a cui siamo stati abituati fino ad oggi.
Se entriamo nell’analisi delle tendenze della cosiddetta “Generazione Z” (è quella che segue ai “Millennials”, generalmente circoscritta dal 1996 fino all’anno 2005) una serie di riflessioni devono essere fatte. Un altro tema poi è quello dell’abbandono di molti giovani (anche degli Over17 e 18, non solo, quindi, dei giovanissimi) rispetto alla pratica sportiva. Si fatica per avvicinare, intercettare e coinvolgere e poi si arriva appunto al fenomeno dell’abbandono, con veramente tanto lavoro perso inutilmente per strada. L’abbandono fa male allo sport, ma anche e soprattutto ai giovani.
Ci sono sport, in questo momento, che intercettano meglio i bisogni di questa generazione. Ci sono discipline che, in questi ultimi anni, hanno fatto delle scelte rischiose, puntando a modificarsi, ma ci sono anche discipline che non hanno rischiato (restando nel proprio perimetro di riferimento) non interpretando gli scenari del futuro.
Dovremo investire infine su patti sociali/educativi, uscendo dalla logica distruttiva delle cosiddette “fabbriche dei campioni”. Sono concetti, termini, che non posso ascoltare e/o accettare in generale.
6 – Ci racconta i nuovi progetti di SG Plus, per questo 2021, nel settore pubblico e in quello privato?
Come SG Plus ci siamo sempre mossi su diverse linee: l’assistenza alle organizzazioni sportive, alle Federazioni (FSN), alle Leghe e agli enti promozione (EPS). Assistenza sotto diverse forme: dal marketing alla comunicazione, dal bilancio di impatto, alla formazione, passando per le organizzazione di eventi. Continueremo su queste direttrici, ma solo con clienti selezionati. Lavoreremo su aziende interessate a progetti mirati (spesso sono multinazionali, nda). Poi stiamo diversificando nel settore della P.A.: ad esempio servizi di turismo a vocazione sportiva, analisi dell’impiantistica o ancora politiche sociali attraverso lo sport. Questo mix sta funzionando e la nostra struttura cresce. La nostra è una “bottega artigiana”. Chi vuole delle cose standardizzate non viene certamente da noi.
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