Rugby

Rugby – Su Formiche la lezione che arriva dalla Gran Bretagna

La storia è semplice: sono stati investiti oltre 91 milioni di euro per trasformare lo stadio in un´arena “digitale. Perchè in Italia questo non è possibile?

Leggere questa mattina, sulla Gazzetta dello Sport, cosa hanno realizzato, in pochi mesi, la Federugby inglese e i gestori di Twickenham (lo stadio del “XV” d’Inghilterra) in una delle culle della palla ovale europea, ti illumina d’immenso (come appassionato di sport, new media e, in generale, come cittadino dell’Ue), ma al tempo stesso, come italiano, purtroppo, ti getta nello sconforto più profondo.
 
La storia è semplice: sono stati investiti oltre 91 milioni di euro per trasformare lo stadio inglese in un’arena “digitale”, dove lo spettatore è un protagonista e attore centrale di un evento di entertainment. Sarà possibile ricevere messaggi commerciali sia sui led, sia attraverso i principali social media e si potrà postare e twittare totalmente free, c’è anche la possibilità di prenotare comodamente seduti una bibita con un semplice tweet o sms.
 
Al centro di questo progetto c’è chiaramente il cliente-appassionato di rugby, che vuole vedere la propria squadra vincere, ma, nel contempo, anche divertirsi, socializzare attraverso i new media e vivere una esperienza diversa da quella della “poltrona di casa”.
 
Chi ci legge potrebbe dire: “Ma perchè in Italia questo non è possibile?”. La risposta è semplice. Da noi non c’è mai progettualità, i soldi tendiamo a tenerli in cassa come se gestire il denaro fosse poi un potere (e magari con la nostra testa lo è anche); mancano manager con idee e spinta propositiva e le strutture verticistiche sono schiacciate sempre su una, massimo due persone (nel Regno Unito, invece, è forte la presenza strategica del management completamente staccato dalla proprietà). Gli inglesi usano un termine bellissimo: “legacy”. Tradotto in parole semplici vuol dire “ciò che una persona o una struttura lascia in eredità alle generazioni future”.
 
Ecco, se penso allo sport italiano, a partire da chi si occupa della sua politica, non riesco a vedere immagini positive o di legacy. L’unica eredità sono le rovine che rimarranno nel nostro Paese dopo che sarà finita questa crisi economica internazionale. È triste dirlo, ma chi ha gestito fino ad oggi lo sport ha solo tratto benefici “personali” (a partire da quello più banale o semplice del ritorno d’immagine), ma non ha mai dato qualcosa in cambio alle generazioni presenti/future. Perchè manca proprio il concetto di “missione” di degasperiana memoria, c’è solo la visione della gestione del presente, senza essere in grado di incidere per il futuro.
 
Uno scenario misero, purtroppo, ma tipicamente italiano, anche e soprattutto nel sistema sport. Un’ultima annotazione è sul tema dello sviluppo del “digitale” in Italia. Ma un Paese dove la carta stampata fa da tappo allo sviluppo dell’online, può essere considerato un Paese moderno ed evoluto? Un Paese dove per trovare una connessione wi-fi gratuita bisogna andare a mangiare un burger da McDonald’s o dove anche nella sala Andrea Pininfarina della Confindustria non è acceso in automatico (ma bisogna prenotarlo), può essere considerato moderno? Ai nostri governanti la risposta e un serio esame di coscienza. Sempre che siano in grado di farlo o di volerlo fare.

La storia è semplice: sono stati investiti oltre 91 milioni di euro per trasformare lo stadio di Twickenham (in Gran Bretagna) in un´arena “digitale. Perchè in Italia questo non è possibile?. Su Formiche se ne è parlato per mettere a confronto la palla ovale britannica (e la lungimiranza della Federugby inglese con quella tricolore). http://www.formiche.net

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Marcel Vulpis

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