Serie A: i diritti TV assegnati ai broadcaster potrebbero generare 1 miliardo di euro
(di Davide Pollastri) – Ai 900 milioni di euro a stagione garantiti dall’accordo siglato con Dazn e Sky lo scorso 23 ottobre (700 da Dazn, che trasmetterà tutte le partite, e 200 da Sky, che avrà tre match per turno in co-esclusiva), si aggiungeranno gli introiti provenienti dai diritti tv internazionali e i ricavi “extra” generati dal revenue sharing concordato con Dazn. Ulteriori 58 milioni (2 dei quali di costi fissi) arriveranno dai diritti tv per Coppa Italia e Supercoppa italiana riassegnati a Mediaset.
Pur avendo accettato un’offerta più bassa di quella precedente (Dazn e Sky, per il triennio 2021-2024, investirono complessivamente 927,5 milioni di euro a stagione), la Serie A, al via il prossimo 17 agosto, potrebbe ricavare, dai Diritti Audiovisivi del Campionato riassegnati per il quinquennio 2024-2029 a Dazn e Sky, una cifra vicina (se non addirittura superiore) al miliardo di euro. L’obiettivo è pienamente a portata di mano grazie al revenue sharing (condivisione dei ricavi), concordato con Dazn, grazie al quale, se il fatturato di Dazn supererà la soglia dei 750 milioni, la quota in più verrà divisa al 50% tra la piattaforma streaming e i club. I soldi di Dazn e Sky, tuttavia, non saranno i soli ad arricchire i club protagonisti della nostra massima serie: da Mediaset, alla quale sono state riassegnate le esclusive per la messa in onda della Coppa Italia e delle Final Four di Supercoppa (per il triennio 2024-2027), e dai diritti tv riservati all’estero, arriveranno altri milioni. Ma come verranno ripartiti i sopracitati ricavi? Tolti il contributo ad Agcom, la mutualità verso le categorie inferiori e il movimento di base e il “paracadute” per le retrocesse, i ricavi finiranno nelle casse delle squadre secondo i criteri stabiliti dalla Legge Melandri: 50% in parti uguali; 28% in funzione dei risultati sportivi, di cui il 14% in base alla classifica (11,2%) e ai punti (2,8%) dell’ultimo campionato, il 9,33% in base ai risultati degli ultimi 5 campionati e il restante 4,67% secondo i risultati storici a partire dalla stagione 1946-47; 22% in proporzione al cosiddetto “radicamento sociale”, rappresentato per il 12,54% dagli spettatori paganti dal vivo certificati Siae, per l’8,36% dall’audience media delle dirette tv e per l’1,1% dal minutaggio dei giovani (questi parametri, nell’ultima stagione, hanno portato nelle casse dell’Inter campione d’Italia 101 milioni di euro).
In conclusione: pur lontanissimo dalle cifre generate dal nuovo accordo per i diritti televisivi siglato dalla FA Premier League (7,8 miliardi per il quadriennio 2025/2029) e restando comunque distante anche dagli introiti della Liga spagnola (1,595 miliardi di euro dai diritti tv nel 2022-23), il nostro calcio ha comunque più appeal della Ligue 1 francese, che sta faticando non poco ad assegnare i diritti tv della stagione ormai alle porte (l’ultima offerta di 375 milioni di euro a stagione per i prossimi cinque campionati, arrivata da una piattaforma di streaming, non convince e così la LFP, l’organo che gestisce e organizza i campionati di Ligue 1 e Ligue 2, starebbe pensando di creare un proprio canale), e una maggiore attrattiva rispetto a campionati emergenti come la Major League Soccer statunitense (l’accordo decennale con Apple, che trasmette le partite della MLS in tutto il mondo attraverso Apple Tv, prevede un minimo garantito di 230 milioni di euro a stagione).
Il calcio italiano, impegnato da tempo anche nella battaglia contro la pirateria, può (per ora) accontentarsi.
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