Serie A troppo cristallizzata sui ricavi da diritti tv. Il tallone d’Achille sono gli stadi
La crisi della Serie A è attestata dai dati forniti dalla Uefa. Infatti, il campionato italiano è quello che spende di più, ben il 69% dei propri ricavi. In questa classifica è giù dal podio, per gli ingaggi dei calciatori, che si attestano intorno ai 1,3 miliardi di euro. Altro dato preoccupante è quello relativo agli stadi, 8,4 milioni di spettatori con un ricavo di circa 204 milioni di euro, anche in questo caso fuori dal podio.
Il report dell’organizzazione di calcio europeo, in realtà, si riferisce ai dati dell’anno 2015, quando l’Italia aveva una spesa di 1,3 miliardi di euro per gli ingaggi dei calciatori, seconda solo all’Inghilterra. Il problema, però, è relativo alla percentuale di investimento negli ingaggi dei ricavi, visto che il 69% del campionato italiano posiziona la Serie A in testa alla classifica. Infatti, il campionato inglese, nonostante stipendi più elevati, investe circa il 61% dei propri ricavi, posizionandosi al secondo posto, davanti alla Liga, con il 60%, e alla Bundesliga, poco più del 52%.
Purtroppo, i ricavi del calcio italiano sono strettamente proporzionali ai diritti tv, che restano la fonte di maggiore guadagno, visto che incidono per il 50% sui bilanci delle squadre di Serie A. Il campionato italiano ha importi pari a 1,9 miliardi di euro dalle cessioni dei diritti di trasmissione tv, risultando solo la quarta potenza del calcio europeo, dietro a Spagna, ferma a 2 miliardi, Germania, circa 2,4 miliardi, e Inghilterra, che, addirittura, fattura 4,4 miliardi di euro.
Infine, c’è il discorso legato agli stadi, che risultano sempre più vuoti in Serie A.
Il campionato italiano ha guadagnato solo 204 milioni di euro dai biglietti e gli spettatori medi annuali sono scesi a 8,4 milioni. Dati preoccupanti, soprattutto se si considera che la Premier League ha ricavato 718 milioni di euro e la Championship, la Serie B inglese, ha circa 9,6 milioni di spettatori medi annui. La causa di questi numeri è dovuta al problema della legge sugli stadi di proprietà e alla qualità degli impianti, sicuramente antiquati e difficilmente rinnovati negli ultimi anni. (ha collaborato Benito Letizia)
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