Si chiama Omran, è siriano, ha 5 anni e vuole soltanto vivere
Una foto, quest’oggi, ha squarciato il muro di silenzio sulla crisi umanitaria che sta vivendo, da giorni, la città siriana di Aleppo, distrutta sotto i bombardamenti. Un’immagine choc che ha scosso le coscienze di milioni di persone. Un fotogramma che porta alla mente i temi, purtroppo attuali, dell’atrocità della guerra e dell’infanzia strappata.
Omran Daqneesh, è un bambino siriano di appena 5 anni ed è il piccolo protagonista dell’immagine-simbolo (impolverato e sporco di sangue) della guerra in Siria. In poche ore, infatti, ha fatto il giro del mondo, virilizzata su tutti i social e sulle prime pagine dei più importanti quotidiani online internazionali.
Il bambino che appare nella foto era stato portato fuori da un palazzo del quartiere Qaterji di Aleppo dopo un bombardamento. Il sangue che si vede nella immagine, e più in generale nel video realizzato dagli oppositori (dall’Aleppo Media Center), è collegato, per fortuna, a ferite alla testa superficiali. Il bambino siriano infatti non ha subito danni al cervello ed è già stato dimesso.
L’Unione Europea ha condannato con forza la violenza sulla città assediata. L’ONU, già da diversi giorni, chiede il “cessate il fuoco” e, intanto, la distribuzione di cibo e medicine sotto le bombe è stata sospesa. La Russia, nel frattempo, si è dichiarato pronta a sostenere la proposta di una tregua di 48 ore a settimana ad Aleppo, per consentire l’invio di aiuti umanitari nella città assediata e la creazione di corridoi umanitari. Sempre Mosca ha fatto sapere che sono state sette le violazioni della tregua nel Paese nelle ultime 24 ore, sei nella regione di Damasco e una in quella di Latakia, e accusa il gruppo Jaysh al-Islam.
Sarebbe bello ed importante se il CIO, in fase di chiusura dei Giochi, prima di spegnere il tripode olimpico di Rio, ponesse l’attenzione del mondo su quanto sta avvenendo in questa parte martoriata del mondo. E’ incredibile tra l’altro che queste atrocità stanno avvenendo proprio nel periodo delle Olimpiadi, quando vige obbligatoriamente tra i popoli quella che si chiama “tregua olimpica”.
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