Si infiamma la querelle del nuovo stadio di Milano
(di Marcel Andrè Vulpis) – Sono decenni che, in Italia, si parla di una nuova frontiera di investimenti destinati alla progettazione e realizzazione di stadi ultra moderni (le cosiddette smart arenas). Impianti che dovrebbero “vivere” 24 ore su 24 oltre che 7 giorni su 7. Nella realtà, però, se parliamo di impianti che possono rispondere a questi criteri, o meglio ancora,agli standard europei, non arriviamo a superare le dita di una mano. Solo Juventus, Sassuolo, Atalanta e Udinese, nella massima serie tricolore, possono presentarsi in modo competitivo in un confronto su scala europea. Poi c’è il resto del plotone (con riferimento soprattutto alle tre serie professionistiche), dove assistiamo, da anni, a tanti proclami, ma ancora (purtroppo) a pochi fatti.
Soprattutto a Milano la querelle stadio continua, da diverso tempo, a tenere banco anche se le soluzioni per realizzarlo concretamente sono ancora di là da venire. Con posizioni divergenti, sia all’interno dell’amministrazione comunale, sia in seno ai vertici dei due club, questi ultimi molto indecisi, ad esempio, sulla location della nuova struttura. Nelle ultime ore poi l’ex vicesindaco Luigi Corbani, presidente del “Comitato Sì Meazza”, ha generato in città un sano dibattito, anche se alcune sue esternazioni hanno fatto molto discutere (soprattutto quelle a difesa dello storico impianto lombardo).
STADIO MILAN-INTER
“L’idea di abbattere il Meazza era ed è sbagliata. San Siro può essere usato per lo sport e lo spettacolo. L’annuncio del sindaco Sala (ovvero che non interesserebbe più a nessuno, nda) non è credibile”, ha spiegato di recente Corbani. “Basterebbe fare una gara internazionale, ammodernarlo e darlo in gestione a una società senza dover spendere soldi pubblici…L’attuale amministrazione ha sul tavolo da tempo una proposta della società ASM Global, che gestisce 350 impianti nel mondo, ma non ha ancora dato una risposta”, ha sottolineato sempre l’ex vicesindaco.
C’è poi il problema dei Giochi olimpici invernali (di Milano-Cortina) in arrivo. “Fino al 2026, infatti, San Siro non si può toccare, perché sarà la sede della cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi…Dal 2025, poi, scatterà automaticamente la tutela architettonica per l’impianto (saranno infatti trascorsi 70 anni dalla costruzione del 2° anello)”.
Fanno poi discutere le posizioni di Inter e Milan sulla costruzione del nuovo stadio in sostituzione del Meazza. I primi puntano a creare un parco di intrattenimento, con al centro l’impianto calcistico (con più di 60mila posti a sedere), per 1,3 miliardi di euro di investimenti (lo stadio dovrebbe essere inaugurato nel 2027/28, mentre l’area è nel comune di Assago); i secondi ritengono di poter contenere la spesa prevista in 600 milioni (da ammortizzare nell’arco massimo di due/tre lustri).
“Gli interessi di Milan e Inter non sono coincidenti”, ha sottolineato l’ex numero due del comune di Milano. “L’Inter si è sfilata dall’operazione Scaroni da tempo…Il Milan, invece, punta a realizzare un nuovo stadio, ma l’ipotesi dell’area “La Maura” non è percorribile (Snaitech, proprietaria di un accordo di compravendita del terreno in oggetto, da regolare entro il 2024, ha già comunicato che non è disponibile a trattare, nda), perché significherebbe avere due impianti a poco più di un chilometro di distanza. Poi se vogliono costruire il nuovo stadio in un’altra area, si accomodino. Ma servono soldi…L’Inter non sembra avere le risorse per costruire un nuovo impianto e per quanto riguarda il Milan non mi è ancora chiaro quale sia la proprietà, se Red Bird o ancora il fondo Elliott Management Corp.” ha continuato a spiegare il politico lombardo.
Quella che risulta ormai chiara è la mancanza di un “coordinamento” a livello di amministrazione comunale, perché i due club sono asset (nel settore dell’intrattenimento sportivo) del territorio di Milano e questo non può essere assolutamente dimenticato. Così come risulta ben chiara la perdita in termini di potenziali ricavi. Secondo i numeri sviluppati dal marketing del Milan, infatti, le mancate entrate annue sarebbero quantificabili in 100 milioni di euro.
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