Siamo ancora in tempo per salvare il pianeta-calcio?
L’esposizione finanziaria di molti dei principali club italiani continua ad essere uno degli elementi distorsivi del sistema calcio. Nonostante alcuni fallimenti importanti, vedi Fiorentina e Napoli, degli ultimi anni, il mondo del pallone continua a non affrontare realmente e con convinzione il problema dei costi dei club.
Le soluzioni fino ad oggi trovate per contenere le esposizioni debitorie non sono servite molto, quanto meno non riescono a mettere la parola fine al regresso.
Uno dei problemi è rappresentato dalle entrate cui possono attingere le società, che sono riuscite ad evitare il peggio solo grazie alla negoziazione dei diritti tv, soluzione comunque destinata a non perdurare nel tempo. Manca infatti una visione più completa del business calcistico, dal punto di vista della gestione diretta degli impianti e dello sfruttamento del merchindising, voci comunque insufficienti di fronte al dispendio di risorse per i salari dei giocatori.
Se alcune società come Chelsea e Milan, possono contare sui loro patron per sanare eventuali debiti e garantire la sopravvivenza dei team, altrettanto non si può dire per le altre squadre; e non è più pensabile che due o tre società per campionato possano sempre rafforzarsi a scapito delle altre destinate così a vivacchiare.
Un tetto complessivo al monte salari, la riduzione del numero dei giocatori per rosa e la presenza di un numero prestabilito di under21 nell’organico possono contribuire a riequilibrare le attuali disparità dei campionati di calcio. Questa, se applicata da tutte le federazioni internazionali, è secondo noi la combinazione vincente per far uscire il calcio da una crisi altrimenti irreversibile.
Chi gestisce il mondo del calcio faccia un passo in avanti e si assuma la responsabilità di decisioni anche impopolari per la sopravvivenza di tutto il sistema.
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