Sorcinelli (Segretario PLI): “La soluzione ai problemi dei nostri stadi risiede nell’equilibrio tra sicurezza e pragmatismo”
Il Segretario del Partito Liberale Italiano, Roberto Sorcinelli (nella foto sotto), su temi quali impresa, stadi e violenza: “In Italia è tutto complicato!”
(di Davide Pollastri) – Il Partito Liberale Italiano (PLI), espressione della tradizione moderata del Risorgimento, ha, da sempre, ricoperto un ruolo importante nella storia del nostro Paese. In sintesi, dopo aver preso parte ai Comitati di Liberazione Nazionale e aver dato all’Italia i primi due presidenti della Repubblica (Enrico De Nicola e Luigi Einaudi), ha saputo affrontare – senza mai perdere di vista i propri valori fondamentali – gli anni a cavallo tra il Governo Moro I e il Governo Colombo, contrassegnati dalla nascita dei primi governi di centro-sinistra “organico”. Tuttavia, anche in quegli anni di limitate soddisfazioni elettorali, il PLI seppe offrire al paese grandi politici come Aldo Bozzi, Salvatore Valitutti e Antonio Baslini. Negli anni Ottanta, il Partito Liberale Italiano ha fatto parte del pentapartito, una coalizione di governo che, dal 1981 al 1991, ha assicurato un periodo di relativa stabilità politica, permettendo al paese di superare gli anni segnati dal terrorismo e dalla crisi economica.
Segretario, il PLI, ricostituito nel 1997, può ancora fare qualcosa per il Paese?
Assolutamente sì. Nel nostro Paese c’è un estremo bisogno di liberalismo e di riforme liberali. Viviamo in un Paese che da anni affoga nella burocrazia e nelle pastoie di procedure obbligatorie che soffocano chiunque intenda fare business, impresa, innovazione e contribuire in modo significativo allo sviluppo economico e sociale. È mortificante osservare come le migliori iniziative vengano sempre più spesso boicottate da un eccesso di burocrazia, da una pressione fiscale asfissiante e, in sostanza, da uno Stato che, anziché favorire chi produce e crea ricchezza, non fa altro che ostacolarlo con una visione che, secondo noi, dovrebbe essere completamente ribaltata.
Dovreste però uscire dall’elettorato di nicchia, non crede?
Questo è vero, ma mi creda: i tempi sono maturi. Dall’elettorato di nicchia usciremo capitalizzando il grande lavoro che stiamo svolgendo. Nessun risultato può essere ottenuto senza un grande sforzo e un grande lavoro. Per fare questo dobbiamo davvero incidere sulla sensibilità e sulla cultura delle persone. La cultura di cui parlo è quella che negli ultimi anni ha ricevuto segnali forti, ma purtroppo in senso contrario! Abbiamo avuto dei governi, in particolare mi riferisco al Conte I e al Conte II, che hanno raccontato alla gente che si può vivere senza lavorare e che solo perché si è cittadini di uno stato si ha il diritto di essere mantenuti da quello stato attraverso quella aberrazione, quel ‘mostro’, che è stato il reddito di cittadinanza. Fortunatamente questo governo ha spazzato via quel sussidio, demolendo quelle fondamenta ideologiche profondamente sbagliate. Ora, è necessario favorire una rivoluzione culturale, dopodiché i risultati in termini elettorali arriveranno. Ne sono certo perché questo è un momento davvero importante e al tempo stesso emozionante: dopo tanti anni in cui il liberalismo a livello mondiale è stato soffocato da una visione socialista molto forte che ha pervaso tutte le istituzioni, compresa l’Unione Europea, oggi c’è un risveglio liberale. Pensiamo all’Argentina: alla presidenza c’è Javier Milei, un economista liberale e libertario che si rifà alla scuola austriaca, una dottrina che dovremmo davvero studiare nelle scuole per diffondere la cultura della libertà, dell’azione individuale e della responsabilità individuale nella società, valori che oggi, purtroppo, mancano.
Iniziamo a parlare di sport: Ignazio La Russa è interista, Matteo Salvini è milanista, Francesco Boccia è juventino. Per chi tifa Roberto Sorcinelli?
Roberto Sorcinelli ha due squadre del cuore: una è naturalmente il Cagliari, perché sono nato e cresciuto a Cagliari, la città dove tuttora vivo, e l’altra è il Verona, perché da bambino ho vissuto e trascorso buona parte della mia infanzia a Verona. Fu proprio in quegli anni, a cavallo tra le scuole elementari e le medie, che mi appassionai al calcio. Furono anni meravigliosi per il Verona: con Osvaldo Bagnoli in panchina e campioni spettacolari come Dirceu, Briegel, Elkjær, Garella, Galderisi e Di Gennaro in campo, la squadra ha vissuto i suoi anni migliori. Fu impossibile non innamorarsi di quella magia.
Che ricordi ha del miracoloso scudetto conquistato nel 1985?
Nel corso di quella stagione ho lasciato Verona per tornare in Sardegna, ma sono comunque ricordi indelebili della mia infanzia, ricordi che non potrò mai levarmi dal cuore.
In una recente intervista concessa alla nostra agenzia, Filippo Galli, sugli stadi italiani, ha dichiarato: “è necessaria una visione chiara e il sostegno delle istituzioni per agevolare progetti e investimenti, ma sembra che in Italia, per realizzare uno stadio, sia necessario l’intervento del Mago Zurlì”. Perché è così complicato?
Perché in Italia è tutto complicato! Qui si ritorna a quanto dicevamo pocanzi: in Italia ogni iniziativa è soffocata dalla burocrazia. Oggi c’è una tendenza alla complicazione di tutte le cose, che da un lato è anche positiva, perché comporta una maggiore attenzione rispetto al passato a temi importanti come quello legato alla sicurezza delle persone. Questo richiede un’attenzione maggiore anche nella fase autoritativa, in cui vengono richiesti requisiti stringenti a tutela delle persone, soprattutto nella realizzazione di strutture destinate a contenere un gran numero di persone, situazione che può creare obiettivamente dei pericoli. Tuttavia, bisogna trovare la giusta via di mezzo. È evidente che se discipliamo ogni minimo aspetto, non si riesce più a fare nulla. Non mi stupisce che in Italia ci sia così tanta difficoltà nel realizzare opere complesse come uno stadio. È necessario intervenire per identificare le strettoie burocratiche inutili e semplificare i processi nell’interesse di tutti. Alla fine, non possiamo non costruire stadi e infrastrutture: le procedure di sicurezza vanno seguite, ma è fondamentale adottare anche un approccio pragmatico, che poi è l’approccio tipico dei liberali.
Però bisogna fare in fretta. Dopo che la UEFA ha tolto a Milano la finale della Champions League del 2027, il nostro paese non può permettersi di farsi trovare impreparato anche all’appuntamento con i Giochi olimpici invernali di Milano-Cortina del 2026 e l’Europeo del 2032 che dovrebbe – a questo punto il condizionale è d’obbligo – giocarsi da noi e in Turchia.
Assolutamente sì. Anche perché, al di là dell’aspetto emotivo e sentimentale dell’avere questi eventi in Italia, bisogna considerare le conseguenze economiche importantissime. È nell’interesse di tutta la collettività creare i presupposti affinché eventi di questo tipo possano essere organizzati nel nostro Paese. Dobbiamo necessariamente trovare un compromesso tra le esigenze legate alla sicurezza e il pragmatismo liberale di cui abbiamo parlato pocanzi.
In Inghilterra, per ridimensionare gli hooligans, ci è voluto il modello Thatcher; in Italia è più complicato: come ci hanno confermato le mani della criminalità su San Siro, l’assassinio di Antonio Bellocco e la maxi inchiesta che ha «azzerato» le curve dei club milanesi, daspo, controlli, tessera del tifoso, trasferte vietate ecc., non bastano. Cosa dobbiamo fare per ripulire gli stadi una volta per tutte?
Questa è una domanda alla quale è difficilissimo dare una risposta. Se esistesse una ricetta segreta, l’avremmo già applicata. Bisogna fare quello che si deve, ovvero investire per potenziare le forze dell’ordine e fornire a chi indaga i mezzi necessari per operare al meglio. Questo è ciò che dobbiamo fare, senza tuttavia danneggiare i cittadini e i tifosi onesti che non hanno nulla a che fare con queste situazioni.”
L’abolizione del “Decreto Crescita” (pochi giorni fa è saltata anche la proposta di proroga fino al 2027 presentata da Claudio Lotito) rischia di frenare la ripresa del calcio italiano, agevolato per anni dai vantaggi fiscali legati a tale provvedimento. Lei lo avrebbe prorogato?
Anche in questo caso, il discorso è complicato. La visione di un liberale e di un libertario, quale io mi definisco, è che bisogna cercare in tutti i modi di agevolare l’iniziativa privata, e quando parliamo di calcio, parliamo di imprese private. Tuttavia, le agevolazioni fiscali settoriali sono qualcosa a cui guardo con molta diffidenza. Perché? Perché penso che si debbano creare le condizioni per agevolare tutte le imprese italiane, non solo le società di calcio. Tutte le nostre imprese dovrebbero poter competere con le aziende delle altre nazioni, ma, mi scuso per il gioco di parole, fare impresa in Italia è… davvero un’impresa! Bisogna affrontare una pressione fiscale esagerata. Dovremmo agevolare tutti coloro che vogliono investire in Italia, per esempio attraverso una detassazione degli utili reinvestiti nelle imprese. Ripeto: da liberale non posso che essere favorevole a qualsiasi tipo di agevolazione che possa in qualche modo favorire l’impresa privata, d’altro canto, però, bisogna anche stare attenti a non creare condizioni distorsive nel mercato, perché questo è il più grave problema che l’intervento pubblico nell’economia privata possa creare.
Le chiedo una riflessione finale su Donald Trump. Il tycoon ha vinto le elezioni presidenziali e sarà il 47° presidente degli Stati Uniti. Un bene o un male per l’Europa e il nostro paese?
È un momento storico! L’esito delle presidenziali americane ha segnato la sconfitta del Deep State e la fine di un sistema che si basava su principi profondamente illiberali. Questa vittoria, raggiunta con il sostegno dell’unico social veramente libero, cioè “X”, e con il favore dei libertari che credono in Ron Paul e Robert Kennedy, ha portato e porterà grandi benefici per le libertà individuali, un aspetto che consideriamo con grande interesse e speranza.
Non solo: uno dei primi interventi di Trump è stato quello di fare una dichiarazione importantissima a tutela della libertà, promettendo di battersi affinché le persone possano esprimere liberamente le proprie opinioni senza timore di ripercussioni o censure, come è purtroppo accaduto negli ultimi anni in America e non solo. Mi riferisco anche ai fatti accaduti in Inghilterra, dove persone sono state arrestate per aver pubblicato dei post sui social. Questi sono eventi a cui un liberale non può che guardare con orrore. Invece, guardiamo con speranza alle dichiarazioni in favore della libertà di pensiero, fondamento di ogni democrazia liberale.
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