Sponsorship faraoniche, ma non è tutt’oro quello che luccica…
In queste ultime settimane i più importanti club di calcio (italiani ed esteri) sono stati al centro di accordi di sponsorship “faraonici”.
L’ultimo in ordine di tempo ha visto la Juventus F.c. legarsi alla Tamoil (marchio di proprietà della Olinvest) per ben 240 milioni di euro. Una cifra mai pagata fino ad ora da uno sponsor per un team di calcio. Dopo mesi di assoluto silenzio e trattative segrete i bianconeri hanno “sbancato” il mercato delle sponsorship calcistiche.
Precedentemente aveva destato scalpore la sponsorship di Arsenal con Emirates (150 mln di euro in 15 anni per la maglia e il naming del nuovo stadio). E siamo sul filo di lana per quanto riguarda anche il Chelsea F.c. e il Barcellona F.c. (entrambe alla ricerca di un nuovo partner di maglia).
Tuttavia quando si analizza lo stato di salute di un settore non ci si può soffermare solo sui grandi club. Il mercato delle sponsorship europee è composto anche da piccole e medie società. Come spesso succede in questi casi si può genericamente pensare che l’ingresso di Tamoil o Emirates sia la cartina di tornasole di un settore in crescita. Invece, purtroppo, ciò non è vero. Un comparto dimostra salute quando non solo Juve, Milan o Real Madrid portano a casa accordi a nove zeri, ma quando crescono anche club del livello dell’Atalanta, del Parma, del Betis o dello Stoccarda.
Questi nuovi accordi rischiano, infatti, di far aumentare la media generale dei mercati di riferimento, ma si tratta della classica “media del pollo”. Per una Juventus che incassa 22 mln di euro ci sono club che stentano a superare il milione di euro. Il rischio che questo “gap” tra grandi e piccoli team si aggravi è forte ed è difficile, almeno per il momento, trovare una soluzione.
E’ innegabile che la Juventus, per esempio, vanti, unica in Italia, 14 mln di tifosi (e ben 25 mln in Europa). Un bacino di utenti che interessa le grandi aziende di largo consumo o chi intende entrare sul mercato italiano e realizzare, in tempi brevi, perfomance di vendita positive. Incassare 240 mln di euro solo dallo sponsor di maglia (per non parlare della partnership tecnica con la Nike) equivale ad avere una liquidità di cassa impressionante per entrare sul mercato ed acquistare, in qualsiasi momento, i calciatori più interessanti.
La stessa A.s.Roma che ha, ormai, il blasone per essere considerata un grande club di football può contare solo sui 7,9 mln di euro del jersey-sponsor Mazda (poco più di un terzo del nuovo contratto della Juve con Tamoil). Economicamente parlando non è blasfemo parlare di un campionato a due velocità: Juve/Milan ed Inter da un lato ed il resto del plotone dall’altro.
Ci chiediamo: ha ancora senso giocare un campionato italiano in queste condizioni? Non sarebbe più logico dar vita ad una SuperLega europea distinta dai campionati nazionali? Sarebbe più interessante per i grandi club e più “umano” per i medi/piccoli football club.
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