Sport, modello di integrazione. Non ignoriamo questo fenomeno
(di Gianni Bondini) Seicentocinquantamila sono i bambini nati in Italia, ma figli di stranieri (dato approssimativo delle società di volontariato). Sono più della metà (circa un milione) dei bambini provenienti da ogni parte del mondo che vivono stabilmente nel nostro paese. Ben 80 mila sono i nati nel 2010. I loro genitori sono “migranti” e gli xenofobi di casa nostra vorrebbero rigettarli in mare. Lo dicono per propaganda, mentre in realtà li assumono per i lavori più pesanti. I neri in “nero”, ovviamente.
Che c’entra questo discorso .con l’integrazione sportiva? La risposta più chiara ce la fornisce la Scuola “Di Donato” (materna , elementare e media).al Quartiere Esquilino di Roma, dove buona parte della popolazione è straniera. Alla “Di Donato”, sui 900 alunni, il 55 per cento sono figli di stranieri e nati a Roma.
La nascita italiana non permette loro di essere nostri concittadini. Da noi non vige la “ius soli” (cioè la nascita che da’ la cittadinanza) ma la “ius sanguinis”: sei italiano solo se sei figlio di italiani. A differenza degli Stati Uniti e della Francia.
Sapete quali sono le attività extra scolastiche che nella multietnica Scuola “Di Donato” fanno con passione e regolarità? Lo sport è al primo posto. E se ne sono accorti per primi gli organizzatori della “Corsa di Miguel” che hanno registrato una partecipazione record alle staffette e corse in pista di ragazzini africani, asiatici, indiani e latino-americani.
Nel frattempo boccheggiano i Giochi della Gioventù, lo sport nella scuola non entra e al MIUR chiudono le porte in faccia pure all’attività motoria. Cecità, menefreghismo? Qualche anno fa si parlava di rifiuto del “campionismo”. Non servirebbero parole, ma solo parolacce.
E, allora, lanciamo una modesta idea. L’Accademia Olimpica è il “pensatoio” dello sport. Faccia un censimento di tutti i bambini stranieri nati in Italia. D’accordo con le organizzazioni territoriali si mettono in piedi raduni provinciali e regionali, dove lo sport sia gioco per i più piccoli. Mentre, in atletica, i più grandicelli possano “assaggiare” la pista.
Pallavolo e basket, come giochi di squadra sono ancora più coinvolgenti. L’importante è non ignorare questo fenomeno. L’integrazione nello sport significa puntare al futuro e non riscaldarsi al fuochino del passato. E in ottica Roma2024, candidatura ufficiale lanciata proprio in queste ultime ore, l’integrazione attraverso lo sport, potrebbe diventare una “flag” bellissima da utilizzare anche sotto il profilo della immagine (e non solo). Una idea che ci permettiamo di lanciare a Giovanni Malagò, da sempre molto sensibile ai temi della scuola, del sociale e dell’integrazione.
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