Serie A - Serie B

Sport&Affari – Il futuro degli stadi italiani

 Dell’Agenzia degli stadi voluta dal ministro Melandri è rimasto in piedi un comitato ristretto: due persone senza ufficio specifico, il vicepresidente del Coni, Luca Pancalli, e il presidente del Credito sportivo, Andrea Cardinaletti. Le finalità dell’ensemble, nonostante sia svaporato l’effetto Euro 2012, restano però le stesse: realizzare le condizioni per consentire ai club italiani di costruirsi e sfruttare nuovi stadi. "Siamo indietro di vent’anni", ama dire Pancalli. Stadi comodi, aperti tutta la settimana, fonte di reddito certo per gli asfittici club di serie A e B. Di più, la possibile bocciatura degli organizzatori dei prossimi europei, Polonia e Ucraina (la prima travolta dagli scandali del campionato, la seconda frenata da un’impiantistica pre-bellica), potrebbe costringere l’Italia a rientrare in extremis nel corposo affare Euro 2012. 

Oggi sono venti le società professionistiche pronte a costruirsi l’impianto di proprietà. Entro quattro anni – prima del 2012, quindi dovrebbero fare in tempo a completare l’opera in due: la Juventus di Cobolli Gigli e il Comune di Siena per conto della società. Subito dopo arriveranno i nuovi stadi di Udinese, Sampdoria e Palermo. 
Quello degli impianti di calcio privati – di proprietà dei club, appunto – è un affare da 2-3 miliardi di euro, un giro non lontano da quello garantito dall’edificazione del Ponte di Messina (4,7 miliardi il costo preventivato). A giorni Cardinaletti illustrerà al ministro Giulio Tremonti e al sottosegretario allo Sport Rocco Crimi le "grandi opere del calcio" possibili grazie al nuovo piano commerciale del suo Credito sportivo, l’ultima banca pubblica italiana. Il manager chiederà il varo di una legge quadro che, riprendendo i due disegni in viaggio nella precedente legislatura, posizioni il business stadi sul binario dell’urgenza. 

Grazie al lavoro di Giovanni Lolli, sottosegretario allo Sport del governo Prodi, in Finanziaria già ci sono 20 milioni (rinnovabili ogni anno) per abbattere gli interessi sugli investimenti: il costo delle opere sarà a carico del club, ma gli interessi sui mutui concessi diventeranno pari a zero. E poi, dal 2010, con l’entrata a regime della legge Melandri sui diritti televisivi collettivi, sarà disponibile una quota – il 4% del totale, tra i 35 e i 40 milioni di euro – da destinare a tre voci: vivai, solidarietà alle categorie inferiori e impianti. E’ possibile che altri 15-20 milioni l’anno per la questione stadi vengano fuori da quest’ultimo contratto. Infine, ci sono i mutui che si possono accendere con il Credito sportivo. E’ una fase unica, probabilmente irripetibile, per mettere mano ai vecchi stadi del paese. 

Oggi in Italia l’unica struttura di proprietà privata è il Giglio di Reggio Emilia, che, nonostante la Reggiana navighi in C1 (fallimenti e promozioni), può mostrare intorno a sé settanta negozi, un albergo, una multisala e un centro di aggregazione giovanile. E lì che si andrà a parare con i top club: attività extracalcistiche e commerciali nell’intorno delle nuove opere, necessarie per rafforzare i bilanci. Oggi il ricavo da stadio dell’Inter, prima società in Italia, è di 30 milioni di euro contro i 138 del Manchester United. Il Milan arriva a 25 milioni. 

Le milanesi spingono per impianti nuovi da gestire, visto che la trattativa con il Comune di Milano per ottenere la concessione di San Siro per un secolo fatica a trovare sbocchi. Fu Adriano Galliani, fulminato dall’Allianz Arena di Monaco, a parlare per primo di "stadi obsoleti" e la società individuò un’area a Rogoredo per costruire un impianto da 60 mila posti con 150 box privati. Poi il progetto si raffreddò. L’Inter, invece, ha segnalato al Credito sportivo la sua volontà di trasloco dal Meazza e ha individuato diverse soluzioni: un lotto da un milione di metri quadrati a Rozzano, proprietà della famiglia Cabassi, e poi un’area vicina al futuro Expo 2015. 

La nuova Juventus ha ridimensionato l’idea faraonica dell’ex amministratore Antonio Giraudo, ma è stata la più rapida tra le big ad abbracciare il progetto "nuovo stadio". Con una spesa di 130 milioni – 75 investiti dal colosso sportivo Sportfive, 30 chiesti in mutuo al Credito sportivo e 25 spesi per l’acquisto dal Comune dei diritti di superficie – al posto del "Delle Alpi" si costruirà uno stadio senza pista di atletica da 40.700 posti, 120 dei quali dedicati a palchi vip. L’esterno sarà bianco e nero, il colore delle lamine utilizzato. All’interno palestre e ristoranti. Lavori al via tra un anno, partita inaugurale già segnata per giugno 2011. La Sportfive gestirà il "naming right", ovvero i diritti ricavati dallo sponsor che darà il nome al nuovo Delle Alpi, per i successivi 12 anni. 

La Juve ha imposto un’accelerazione agli avversari. Fortemente motivato a farsi lo stadio in proprio è Maurizio Zamparini, presidente del Palermo. Il vecchio "Barbera" non si può toccare perché è nel Parco della Favorita e così la squadra andrà a giocare nel difficile quartiere Zen, ma solo dopo l’abbattimento del sottoutilizzato velodromo. "In due anni si può costruire", dice il dg Rinaldo Sagramola. L’impasse politica in Regione, però, ne ha già fatto perdere uno. Lo stadio allo Zen costerà 130 milioni, tutti a carico del Palermo calcio, e ospiterà 31 mila persone. A corredo Zamparini ci vuole albergo, centro congressi e sale cinema allineate. 

L’Udinese trasformerà il vecchio Friuli nello Stadium Plus eco-compatibile e indipendente sul piano energetico con centri fitness e di riabilitazione aperti sette giorni su sette. Strutture portanti in legno, lo stadio trasformerà l’area esistente in un nuovo parco urbano. Il costo? 130 milioni di euro, come il Delle Alpi, come l’impianto di Palermo. Ci vorrà un investimento doppio, 270 milioni, per il nuovo stadio da 30 mila posti della Sampdoria, possibile grazie a una joint venture tra la famiglia Garrone e un gruppo immobiliare olandese. E’ immaginato come una struttura chiusa a tre piani e sorgerà a ridosso dell’aeroporto, a Sestri Ponente. 

Un progetto di delicato utilizzo del territorio è quello proposto dal Comune di Siena, la città più rapida in assoluto. Edificherà la municipalità, ci giocherà il club di Lombardi Stronati e poi ci si terranno concerti. Nella zona sud della città, Isola d’Arbia, all’inizio del 2009 partiranno i lavori per questo stadio da interrare in una depressione naturale. Lo si costruirà su tre lati, il quarto resterà aperto su un pratone in discesa: 40 mila posti a sedere e tutti coperti. "Sarà un’opera innovativa", assicura il sindaco Maurizio Cenni, "e a zero impatto ambientale". E’ già stato approvato in giunta, attende i pareri di vincolo e controllo e costerà 70 milioni solo per quanto riguarda la struttura per il calcio e la viabilità necessaria. Aperto tutta la settimana, prevede, poi, un palazzetto da basket da 11.000 posti (ci giocherà Montepaschi) e una piscina coperta. 

Una stanza del Comune di Cagliari ospita, invece, il plastico del nuovo stadio voluto da Massimo Cellino e firmato dall’architetto Jaime Manca de Villarhermosa. E’ il nuovo Sant’Elia "aperto dall’alba al tramonto". Sarà circondato, a progetto ultimato, da altro sport: un’area per lo skate, una zona jumping, il beach volley con le tribune. E percorsi per correre tra i viali alberati. 

Chiuderanno per manifesta insicurezza il Brumana di Bergamo e il Rigamonti di Brescia, e per entrambi sono pronti progetti fuori città. Sembra arenata nelle amministrazioni l’idea del nuovo stadio di Vicenza mentre a Bologna il patron Cazzola è sospeso tra l’oneroso progetto Romilia, un investimento da mezzo miliardo di euro su 300 ettari a Medicina, e la vendita della società, vittima da anni di una contestazione perpetua. A Catania, poi, la campagna elettorale per il nuovo sindaco si giocherà anche sulla costruzione di un nuovo stadio. E nuovi progetti o ampie ristrutturazioni sono stati pensati per Verona, Bari, Messina, Perugia e Viareggio. 

Infine la capitale. La Roma dei Sensi, Soros o non Soros, ha compreso il valore strategico ed economico di uno stadio di proprietà e sta valutando l’urbanistica attorno ai terreni di Torrevecchia, di proprietà della famiglia. Più deciso è Claudio Lotito, presidente della Lazio che, con la caduta dell’amministrazione di centrosinistra, si è convinto di poter realizzare il nuovo stadio Delle Aquile sui suoi terreni nella campagna della Tiberina. L’assessore all’Urbanistica della giunta Veltroni, Roberto Morassut, ha sempre definito il progetto Tiberina "una speculazione", ma il tignoso Lotito ora può trovare nella giunta Alemanno un’ideale spalla. 

fonte: La Repubblica (a firma di Corrado Zunino) 

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