Sport&Affari – Si allarga il gap tra calcio inglese e italiano
In Italia il marketing è pura vendita dei cartelloni pubblicitari, o al massimo la promozione bambini/donne per andare allo stadio. In Inghilterra è una funzione centrale a supporto del management sportivo del club. Questa è la grande differenza.
Per non parlare della annosa "querelle" degli stadi. Da più parti si parla di fantomatici progetti, di investitori pronti a spendere, ma all’orizzonte ad esclusione della Juventus non c’è nulla. Poi se vogliamo ancora continuare a prenderci in giro anche tra addetti ai lavori facciamolo, ma è un gioco sterile.
Nel calcio serve una generazione di "nuovi" presidenti, che decida una volta per tutte di lasciare il timone del comando al management, meglio se proveniente da aziende di largo consumo. Bisogna anche uscire da una logica di cooptazione dei posti di lavoro, che è il fattore dominante nello sport in assoluto.
In una situazione del genere cosa volete che possa crescere o svilupparsi? In Inghilterra invece i direttori marketing sono professionisti ben pagati (in Italia vi sono direttori marketing a 1000/1500 euro mese, praticamente una miseria), quindi è chiaro che sul territorio UK i risultati sono anche più rapidi e incisivi.
I direttori marketing britannici sono importanti per lo sviluppo anche sportivo del club, perché un contratto di sponsorizzazione a nove zeri significa poter acquistare un nuovo calciatore o prolungare un contratto con un beniamino del pubblico. In Italia questo scenario è assolutamente assente e si continua a sperare che la vittoria in campo salvi l’intera stagione. Vi stupite pertanto che quattro team su quattro inglesi sono passati e dei nostri non c’è più traccia?
La domanda che faccio ai presidenti del calcio italiano è una sola: "Ma non vi siete veramente stancati di lavorare così male?" E’ possibile che il calcio e/o il club di appartenenza è per molti di voi solo un giocattolo?. E poi diciamo anche le cose come stanno. I presidenti dei club italiani (circa l’80%) non vogliono costruire gli stadi, perché non sono certi di rimanere spesso sulla tolda di comando per i prossimi 10 anni. Quindi perchè lavorare per far raccogliere i frutti a chi li sostituirà? Un pensiero, non c’è che dire, tipicamente italiano.
* Marcel Vulpis -direttore agenzia stampa "Sporteconomy"
…e le parole dure di Adriano Galliani (A.c. Milan) sul crollo dell’impero del calcio italiano legato all’assenza di stadi di proprietà..è proprio nella direzione di questo intervento…
Chi semina vento raccoglie tempesta. L’avevamo detto a maggio dell’anno scorso da questo osservatorio giornalistico e si è verificato puntalmente. Le squadre italiane sono tutte fuori dalla Champions e, purtroppo, questo "gap" (a meno di un miracolo fortuito) continuerà ad allargarsi ulteriormente. E’ scritto nelle cifre dei bilanci ed è legato anche a un marketing ormai "asfittico".
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