Sport&Sociale – La Demos “fotografa” il calcio di serie “A” (rassegna stampa)
fonte: LAREPUBBLICA
IL SONDAGGIO
Italia, il Paese nel pallone
il 52 per cento ha un cuore ultrà
Più di un italiano su due si dice tifoso. E a crescere sono soprattutto i supporter "militanti". L’Indgaine Demos-Repubblica rivela che il calcio è sempre più popolare. E non solo per motivi legati allo sport
di ILVO DIAMANTI
SIAMO un Paese di tifosi. Sempre di più. In senso lato, ma anzitutto nel calcio. Il recente sondaggio di Demos, infatti, rileva come oltre metà degli italiani (per la precisione, il 52,2%) esprima apertamente il proprio sostegno – anzi, il proprio "tifo" – per una squadra. Il che significa un aumento di quasi 10 punti percentuali negli ultimi 5 anni. Si tratta di una tendenza generalizzata, che attraversa tutti i settori sociali. È passato molto tempo da quando Rita Pavone chiedeva, polemicamente, al suo ragazzo: "Perché perché la domenica mi lasci sempre sola. Per andare a vendere la partita di pallone?". Oggi le donne hanno cambiato atteggiamento. E 4 su10, tra loro, oggi dicono "tifose". Peraltro, la componente del tifo cresciuta maggiormente, dopo il 2005, è quella "militante". Ne fanno parte coloro che, per misurare la passione per una squadra di calcio, usano il massimo del punteggio: 9 o 10. In questo gruppo, secondo le previsioni, le donne calano sensibilmente.
Mentre crescono, soprattutto, i disoccupati. Per i quali, probabilmente, il tifo costituisce un veicolo di riconoscimento sociale. D’altra parte, si tifa anche – forse, soprattutto – per questo. Cioè: per avere un riferimento, un attore attraverso cui recitare una parte da protagonista in pubblico. E, dunque, si tifa per vincere. Si spiega così il sostegno popolare per la Juventus. La squadra che ha vinto più scudetti. La squadra degli immigrati nella Torino degli anni Sessanta. La squadra della "provincia". (I torinesi "veri" tifano Toro). La squadra nazionale. E della Nazionale.
Nonostante le vicissitudini di Calciopoli, nel 2006, che l’hanno penalizzata in diversi modi: attraverso la perdita di scudetti e di giocatori importanti, oltre alla retrocessione in Serie B. Nonostante provenga da un campionato disastroso. E nonostante la ricostruzione proceda faticosamente. Nonostante tutto questo, la Juve resta la squadra, di gran lunga, "più amata dagli italiani": 29%; 3-4 punti in meno rispetto a 5 anni fa, ma, oggi, 12 più di ogni altra squadra.
Parallelamente, è altrettanto interessante osservare il sorpasso dell’Inter ai danni del Milan. Nella graduatoria del tifo, la prima (17%) è in ascesa, la seconda (14%) in calo. Anche qui, contano le vittorie (dell’Inter) e le sconfitte (del Milan). Come per la Roma e il Napoli, che presentano platee di appassionati molto larghe, cresciute dopo i buoni risultati degli ultimi anni. D’altronde, si tifa per passione, per appartenenza. Per partecipare ma, appunto, anche per vincere.
La componente cresciuta di più, come dicevamo, è quella "militante". Il che non deve sorprendere troppo. Il tifo, infatti, riflette una domanda di identità, che altri riferimenti – la politica, il sindacato, la stessa religione – non sempre soddisfano. E, semmai, frustrano. Così ci si "attacca" alla bandiera della squadra di calcio. D’altronde, le occasioni per tifare non mancano. Non c’è bisogno di andare allo stadio. La programmazione televisiva propone un’offerta ampia e abbondante. Soprattutto attraverso le televisioni satellitari, il digitale terrestre e i canali online, che trasmettono tutte le partite, spalmate, ormai, durante l’intera settimana (e a ogni ora del giorno). I tifosi vi assistono perlopiù in gruppo. Si ritrovano a casa di qualcuno, animato dalla stessa "fede". Oppure nei bar, spesso anch’essi militanti. Se oggi non vi sono quasi più Case del popolo o circoli di partito, si sono, però, moltiplicati i club. Bianconeri, rossoneri, nerazzurri, giallorossi, azzurri, viola. E via di seguito.
Peraltro, l’identità tifosa non prevede solo gli "amici". Il 42% dei tifosi dichiara, infatti, un "nemico". Una squadra con cui ce l’ha particolarmente. Sono tanti e tuttavia pesano molto meno rispetto a 5 anni fa (quando erano il 51%). Tra le ragioni del calo, la più significativa ci sembra il declino competitivo della Juventus. La più odiata dalle altre tifoserie, fino a ieri. Oggi anche questo ruolo le è stato rubato dall’Inter. ("La nuova Juve", l’ha definita il presidente del Palermo, Zamparini). Non a caso, visto che è diventata, da qualche anno, la squadra da battere. Tuttavia, l’ampiezza dell’odio è sempre proporzionata a quella dell’amore. E la Juve è ancora la "più amata". La prima in tutte le aree del Paese, ad eccezione del Nord Est, dove è superata (appunto) dall’Inter. Il tifo delle altre squadre, invece, è maggiormente localizzato. I tifosi di Roma e Napoli, ad esempio, si concentrano nel Centro-Sud. Mentre quelli di Fiorentina, Cagliari, Bologna – e, via via, le altre – si addensano intorno alla patria urbana. Ciò racchiude i flussi dell’antipatia – che sfocia, talora, nell’odio – all’interno delle 3 squadre maggiori, per quota di tifosi: Juve, Inter e Milan.
Ma la debolezza della squadra nazional-popolare (dal punto di vista dei risultati) ha ridotto i confini – e l’entità complessiva – del "dissenso". Il quale non ha più basi di massa, come qualche tempo fa, ma si traduce in una rete di tensioni incrociate. Non per questo meno accese. Anzi, al contrario. Più violente di prima. Perché più localiste. E perché si sono caricate di altri significati. A causa dei gruppi estremisti – prevalentemente, ma non solo, di destra – che hanno occupato le curve. Pressoché tutte, ormai. Facendone un palcoscenico dove esibire i propri simboli e i propri slogan, spesso pervasi di intolleranza e violenza. Non solo verbale. Il calcio, però, ha visto crescere la propria influenza soprattutto sulla scena politica. In realtà, è sempre stato importante, ma Silvio Berlusconi ne ha fatto un elemento essenziale della sua proposta e della sua narrazione politica. Lui, il Presidente: del Milan, di Mediaset, del governo, del Paese. Il Presidente. Ha cancellato i confini fra i territori della sua attività. Politica, affari, sport: un unicum.
Il Milan è divenuto un medium popolare per veicolare la sua immagine di "imprenditore vincente". Appannata, non a caso, dalle sconfitte degli ultimi anni. Per questo ha investito tanto, nell’ultima campagna (di calcio-mercato: in vista di quella elettorale). E per questo non può sorprendere che la passione e l’ostilità verso il Milan abbiano una colorazione politica molto chiara e netta. Circa un terzo dei tifosi del Milan – ma oltre il 40%, al netto di chi non risponde – vota per il PdL. Il Partito di Berlusconi. Parallelamente, metà di coloro che antipatizzano per il Milan (due terzi, al netto delle non risposte) sono elettori del Pd. (Comunisti, come gli arbitri ostili.)
Tuttavia, anche il tifo delle altre squadre si è caratterizzato, dal punto di vista politico. Anche se non in modo altrettanto netto ed evidente. La Roma ha un tifo prevalentemente di centro-sinistra e di sinistra (forse per opposizione alla Lazio). Fra i tifosi dell’Inter, invece, appare molto ampio il voto leghista. Nonostante si tratti di una squadra totalmente multietnica. Ma le vittorie e l’ancoraggio a Milano tendono, probabilmente, a farne un riferimento – se non il simbolo – padano. Infine la Juventus. Trasversale. Sovra-rappresentata al centro. Un’identità (e una presenza) frammentaria. Incerta. Debole. Un po’ come la politica italiana. Un po’ come l’Italia.
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