Vulpis: Cara Gazzetta la serie B è l’unico laboratorio sano di progettualità del calcio italiano
(di Marcel Vulpis) – C’è qualcosa che non va da tempo nel nostro Paese, in tutti i settori e a tutti i livelli, anche all’interno della cosiddetta “élite” giornalistica. Un “Virus” (e non è la trasmissione di Nicola Porro sulla Rai), che porta, comunque, a dare più spazio al male piuttosto che al bene, quasi talvolta a compiacersi del male stesso, seppur inconsciamente.
Aprire oggi al bar sotto casa La Gazzetta dello Sport e vedere lo spazio che è stato dato al tema delle partite truccate dalla Camorra (dai lanci di agenzia si parla per il momento di due partite, tra l’altro della stagione 2013/14), con tanto di accostamento a “Gomorra” (la serie Tv in onda ogni martedì su sky, tra l’altro partner media dell’intero campionato di seconda divisione) fa male al cuore e anche un po’ al cervello di chi ha cuore questo sport.
Prima di parlare di calcio “giocato” (quello vero) bisogna attendere pagina 7 della Gazza.
Mi chiedo, però, come mai la serie B debba essere così penalizzata dal più importante quotidiano sportivo del nostro Paese (con ben 5 pagine dedicate al tema del calcio “truccato”). E’ una domanda legittima, perché da oltre 4 anni, il presidente della stessa Lega (la seconda professionistica per importanza dell’intero sistema calcio) combatte la piaga del match fixing (coinvolgendo organismi internazionali tra i più titolati) ancor prima che lo stesso campionato di seconda divisione venisse toccato, purtroppo, dalla follia e dalla delinquenza di certi soggetti (come, per esempio, nella precedente stagione se pensiamo al caso Catania e all’indagine “I Treni del Gol”).
Eppure quando Abodi si impegna a far realizzare (senza far spendere un euro al comune di Lampedusa), a partire dal 2017, uno stadio con annesso campo da calcio (un’operazione da ben 2 milioni di euro) la dimensione di questa “notizia sana” finisce a pagina 20 sempre sullo stesso quotidiano. Quasi a dire: sì, ne parlo, ma non troppo.
E, invece, un lettore medio sbarcato sul pianeta Terra, aprendo La Gazzetta di questa mattina, potrebbe essere portato a credere che tutto il calcio italiano di B sia profondamente malato. Così non è e l’impegno sulle iniziative di contrasto contro questo male del nostro football (non solo della B è bene ricordarlo) è ancora più forte.
Il presidente Abodi, quasi commosso (un fatto che ci fece riflettere come agenzia giornalistica), per non dire provato, la scorsa estate sul palco di Pescara durante la presentazione della stagione 2015/16, aveva fatto capire ai rappresentanti dei media, che, dopo il caso Catania, ci sarebbe stata ancora più attenzione e maggiore voglia di investire sul cosiddetto “calcio vero”. E così è stato.
Però, poi, bisogna essere onesti e non ipocriti come spesso si è in questo Paese dei “battitori del petto libero” e del “Vergogna!”. Per contrastare questo fenomeno (il match fixing) ci vuole anche una politica che tagli meno nastri o faccia meno dichiarazioni sulle agenzie e intervenga in modo duro e severo non in queste ore (dove tutti si sperticheranno a dare una pacca sulle spalle del presidente Abodi per poi lasciarlo di nuovo solo tra una settimana spenti i riflettori) ma nella fase successiva.
Ci vogliono pene esemplari, c’è bisogno di un impianto di norme in cui deve essere chiaro che chi intende proseguire in disegni criminali (ed è bene sottolinearlo perché il male esisterà sempre) sarà riportato all’età della pietra. Deve perdere tutto: onore, gloria, soldi, carriera e patrimonio personale. E deve fare anche la galera, why not! Perché ha fatto il delinquente consapevole di esserlo insieme con altri delinquenti (in questo caso la Camorra). Spesso sento dire “Eh ma sono alla ragazzi alla fine, non sanno quello che fanno o che rischiano”. No, sono maggiorenni. E la legge superata la maggiore età non ammette ignoranza. Questo vale per tutti, inclusi i calciatori.
Perché in Italia è troppo semplice truccare una partita, farsi qualche grado di giudizio e magari tornare a giocare ancor prima che si sia chiuso il processo stesso (tra ordinario e sportivo). Non va bene per niente. Ci deve essere una linea di demarcazione netta in cui non possa esserci interpretazione o l’affetto del momento di questa o quella tifoseria per il beniamino di turno.
In un Paese, tra l’altro, dove nessuno (il politico, l’imprenditore. ecc) mai si dichiara colpevole, perché mai dovrebbe farlo il calciatore? Tanto con un bravo avvocato la pena dura non arriva quasi mai.
Non parliamo poi dei criminali (Camorra, Mafia, Sacra Corona Unita, Ndrangheta): a voi la scelta. Siamo l’unico paese al mondo con 4 distinte mafie, un record nei record. Per un criminale truccare una partita è molto più semplice che spostare una “partita di droga” o di armi e le pene sono nettamente inferiori. Perché mai non ci dovrebbe provare? Oggi come domani? E infatti continuano, ma la politica italiana vede priorità che non ci sono.
Leggo stupito sui giornali anticipazioni su disegni di legge sul mercato dei diritti tv, perfino di interventi governativi, come se fosse un’urgenza la redistribuzione dei diritti tv del calcio tricolore. Ma non sarà forse questa (la lotta di contrasto al match fixing) rispetto ai diritti tv? Va bene tutto, ma allora diteci che siamo in un paese kafkiano. Adesso la priorità sono i diritti tv, ovvero l’unico aspetto di questo mercato valorizzato? Diteci che stiamo sognando. Noi crediamo che la priorità sia dare vita ad un impianto di norme contro questa piaga endemica che non è della B, come oggi vorrebbe farci credere La Gazzetta, bensì dell’intero sistema calcio professionistico e non solo. Se non capiamo questo signori cari è finita! Game Over. Staremo ogni 6 mesi a batterci il petto, ma adesso è il tempo della soluzione dei problemi.
Un calcio che è aggredito dalle mafie, che vedono questo sistema abbandonato dalle istituzioni (al di là delle belle parole e delle dichiarazioni di rito), è un calcio ad un passo dal baratro.
Se il tifoso-medio non dovesse credere più in quello in cui assiste dal divano di casa, o live allo stadio, tutta questa architettura di sistema crolla o rischia di crollare come un castello di carte. Se non siamo in grado di assicurare la “veridicità” di un risultato sportivo, di quali leve di ricavi (diritti tv, stadi, sponsor, merchandising) vogliamo parlare o discutere? Stiamo scadendo paurosamente nel ridicolo. E’ tempo che lo Stato intervenga con gli strumenti normativi più adatti per contrastare questo fenomeno non più casuale.
Tutte le Leghe professionistiche (A,B e Lega Pro) dovrebbero unirsi per la prima volta e chiedere oggi, non domani, un intervento del Governo. E’ arrivato il momento di unirsi contro la criminalità organizzata. Se si dovesse pensare che questo caso è un problema solo della B si è persa l’ennesima occasione. Oggi è la B, domani sarà la Lega Pro, dopodomani toccherà anche alla A. E’ già successo e si ripeterà. E’ un dejavù. Un film (dell’orrore) già visto E’ solo questione di tempo. Non capirlo è da folli.
Ma torniamo al capitolo dei calciatori cosiddetti “professionisti”: Sta passando il concetto maligno della “quasi impunità” di questa categoria professionale rispetto ad altre coinvolte in fatti di cronaca giudiziaria. Spesso sento dire “Sì è associazione mafiosa, ma se è fatta dal calciatore del momento è qualcosa di più soft“. E invece non è così. Il calciatore è un professionista e come tale si deve comportare. Sul campo e fuori dal rettangolo di gioco. Non deve in alcun modo avere frequentazioni sospette con personaggi della criminalità e deve sempre avvisare la dirigenza del club di qualsiasi tentativo di contatto.
In sintesi, non ci piace il titolo che ha fatto oggi La Gazzetta dello Sport, perché passa l’idea (purtroppo) nel lettore medio di una serie (la B) tutta marcia.
Distruggendo, in un attimo, anni di impegno da parte dell’intera dirigenza guidata dal presidente Abodi e dal DG Paolo Bedin. Dalla “Gazza” ci saremmo aspettati un titolo diverso e una informazione diversa. Quest’oggi in edicola ha fatto un clamoroso autogol, vanificando mesi di impegno “civile” e di coinvolgimento di tutte le diverse componenti di questa famiglia: dirigenti di club, calciatori, tifosi, comunità, territori locali.
Noi crediamo fermamente che la B sia assolutamente qualcosa di diverso, anzi un’isola felice (al netto delle due partite truccate due anni fa) e l’unico vero grande laboratorio di progettualità “sana” nel sistema calcio italiano. Per questo chiediamo al presidente Abodi e al suo gruppo di lavoro di continuare su questa direttrice perché il “tempo è sempre galantuomo”. E nel frattempo aspettiamo ancora una volta, al netto delle dichiarazioni di rito, l’intervento dello Stato.
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